“I social network continuano a rappresentare una vetrina per baby gang e piccoli criminali che in modo sempre più spavaldo e arrogante si mostrano minacciosi mimando il gesto della pistola con in sottofondo musiche e parole che richiamano alla cultura camorrista. Tra i protagonisti anche il figlio di una tiktoker, già protagonista, all’interno della Galleria Umberto di Napoli di offese e minacce contro il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, al quale sono stati segnalati i nuovi video”. Lo rende noto lo stesso Borrelli che segna anche “messaggi di sostegno a Francesco Pio Valda, presunto autore dell’omicidio di Francesco Pio Maimone agli chalet di Mergellina”.
“Non alzate ancora i bicchieri, non è ancora finita” scrivono in un post gli amici di Valda – dice Borrelli – I messaggi di sostegno e incoraggiamento al presunto killer di Francesco Pio Maimone sono una vergogna inaudita e rappresentano il vero malessere che attanaglia una parte della gioventù della nostra città, affascinata dalla cultura camorrista fino al punto di non provare alcun pentimento e il minimo rimorso per uno degli omicidi più tragici avvenuti a Napoli, dove ha perso la vita un giovane che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Centrato da un colpo di pistola esploso dopo una rissa scoppiata per futili motivi, della quale era estraneo, con un corollario altrettanto vergognoso di omertà e tentativi di far ritrattare i testimoni dell’accaduto. Stringendoci attorno alla famiglia Maimone siamo riusciti a scongiurare l’ipotesi che il colpevole la faccia franca”.
“Per ciò che riguarda poi i video ricordo che la madre di uno dei protagonisti, una tiktoker molto impegnata nel promuovere l’illegalità diffusa, aveva promesso solennemente che dopo le minacce e gli insulti a me rivolti e gli inni alla camorra dei suoi amici, avrebbe punito severamente il figlio – sottolinea – Non avevamo dubbi sul fatto che ciò non sarebbe accaduto e soprattutto che il figlio avrebbe perseverato nel promuovere la violenza e l’uso delle armi insieme alla sua gang. Una cultura criminale fortemente radicata in alcune famiglie e in alcuni territori che continua a proliferare seminando paura e morte tra Napoli e provincia. Tre giovanissime vittime di questa follia criminale non hanno insegnato nulla e non hanno scosso le coscienze di chi è abituato a crescere in contesti dove le baby gang e i clan dettano la loro legge”.