Teatro canzone permeato da profonda passione civile. Così possiamo definire “‘O Sud è fesso“, spettacolo rappresentato ieri sera al Mulino Pacifico di Benevento per la stagione organizzata dalla Solot Compagnia Stabile.
In scena, tre ottimi musicisti: Patrizio Trampetti, compositore, tra i fondatori della Nuova Compagnia di canto popolare; Jennà Romano, leader del gruppo Letti Sfatti, vincitore del premio Ciampi per la ricerca musicale; Filippo Piccirillo, bravo tastierista che ‘giocava in casa’ in quanto originario di Ponte. Ai citati si è aggiunto il giornalista ed europarlamentare Sandro Ruotolo, ben noto al pubblico televisivo per i decenni trascorsi tra Rai e Mediaset.
Trampetti si racconta, offrendosi al pubblico con rara spontaneità, ma i ricordi personali travalicano la sfera privata per assurgere a temi più alti, secondo la lezione di Carol Hanisch: “Il personale è politico. C’è solo un’azione collettiva per una soluzione collettiva”.
Sono gli anni ’60 e ’70, con la loro carica rivoluzionaria densa di aspettative, ad emergere prepotentemente tra la musica e le parole del cantautore partenopeo e gli interventi del giornalista, che affronta temi purtroppo ancora e sempre drammaticamente attuali: l’orrore delle guerre, la devianza minorile, il dramma dell’emigrazione, le morti sul lavoro, le vittime di femminicidio, suscitando una intensa partecipazione emotiva nel pubblico che raggiunge l’apice quando Ruotolo rievoca la vicenda e la frase del bambino siriano di soli tre anni ferito a morte in un bombardamento: “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, gli dirò tutto”.
Gli fa eco Trampetti, come lui vomerese combattuto tra intolleranza e amore per la propria città, che canta della perdita degli ideali, oggi smarriti tra l’egoismo crescente e certa distrazione di massa dei social. E così “da incendiari si diventa pompieri” e gli slogan che hanno accompagnato una lunga stagione di lotte e di impegno appaiono quasi svuotati di significato. Ma così non è, e quanto promana con evidenza dallo spettacolo è la necessità di contrastare il torpore collettivo e riappropriarsi della tensione ideale “per non essere complici”, afferma Ruotolo. E gli fa eco Trampetti nell’amara constatazione che dà il titolo allo spettacolo ed a una sua canzone, stigmatizzando con forza la rassegnazione che pervade un meridione che “si crede sfaccimmo e invece è fesso”.
La tematica della disillusione, che a ben vedere ha sempre contraddistinto l’opera dell’artista, traspare anche dei brani scritti per Edoardo Bennato, “Feste di piazza” e la famosa “Un giorno credi”, canzone che chiude uno spettacolo apprezzatissimo dal folto pubblico specie per l’autenticità e la passione evidente che i protagonisti sono stati in grado di trasmettere ai presenti.