L’inchiesta sull’uccisione, 14 anni fa, di Angelo Vassallo, il ‘sindaco-pescatore’ di Pollica, non si chiude con gli arresti di ieri: il gip del tribunale di Salerno, nelle 400 pagine dell’ordinanza, scrive più volte che gli esecutori materiali del delitto, avvenuto la sera del 5 settembre 2010 mentre il sindaco tornava a casa, non sono stati ancora “chiaramente individuati”, anche se è stato possibile ricostruire in modo “coerente e dettagliato” movente e organizzazione del delitto, oltre ai depistaggi successivi. Ma il giudice avverte, soprattutto, che l’attività investigativa “non ha ancora raggiunto una completa e compiuta ricostruzione degli scenari che conducevano all’esecuzione del sindaco Vassallo”.
“Scenari“, dunque, che potrebbero svelare novità anche sul movente, al momento confinato al giro di droga in cui sarebbero stati coinvolti i quattro finiti in carcere (tra cui il colonnello dell’Arma Fabio Cagnazzo), che il sindaco aveva scoperto e che voleva denunciare. Ma questa parte delle indagini, come del resto tutta l’inchiesta, si rivela molto complicato a causa, come scrive il gip parlando delle difficoltà di ricostruire la vicenda, anche del “clima di particolare omertà, reticenza e quasi diffidenza” che si respirava, e forse si respira ancora, nei luoghi dove si sono svolti i fatti.
“Scenari“, dunque, che potrebbero svelare novità anche sul movente, al momento confinato al giro di droga in cui sarebbero stati coinvolti i quattro finiti in carcere (tra cui il colonnello dell’Arma Fabio Cagnazzo), che il sindaco aveva scoperto e che voleva denunciare. Ma questa parte delle indagini, come del resto tutta l’inchiesta, si rivela molto complicato a causa, come scrive il gip parlando delle difficoltà di ricostruire la vicenda, anche del “clima di particolare omertà, reticenza e quasi diffidenza” che si respirava, e forse si respira ancora, nei luoghi dove si sono svolti i fatti.
Conosceva il piano di eliminare Angelo Vassallo e vi ha concorso, avviando i depistaggi immediatamente dopo l’omicidio: la promessa della copertura avrebbe “rafforzato il proposito criminoso in capo” ai complici, “certi di poter sfuggire alle proprie responsabilità”. E’ quanto il gip di Salerno afferma a proposito del colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, arrestato ieri per l’omicidio del sindaco-pescatore.
A conferma di questa ipotesi il giudice cita, tra l’altro, l’allontanamento di Cagnazzo da una comitiva con cui si stava recando al ristorante proprio la sera dell’omicidio: c’è un buco di 23 minuti, in concomitanza con l’esecuzione del delitto, in cui l’ufficiale è scomparso e di cui non ha saputo dare una spiegazione. Secondo il gip, l’allontanamento del colonnello rimanda “ad una sua immediata attivazione concomitante al delitto, ad ulteriore conferma dell’esistenza di un previo accordo con i responsabili, dei quali conosceva ed aveva interesse a coprire l’identità”.
Per gli inquirenti, ai fini della contestazione a Cagnazzo del reato di concorso materiale nell’omicidio, è importante provare che lo abbia agevolato: questo implica che l’ufficiale fosse a conoscenza del delitto prima della sua sua commissione e che abbia garantito il suo immediato intervento di depistaggio. E’ quello che sostiene il gip quando scrive che “il meccanismo di depistaggio ordito dal col. Cagnazzo veniva attuato sin dalle prime fasi successive al delitto” ed è “evidente come la stretta correlazione temporale tra l’omicidio e lo sviamento delle indagini rimandi ad una previa conoscenza degli autori del reato da parte di Cagnazzo” e, “dunque, a un previo accordo”. Ad avviso del gip, infatti, “non è verosimile ritenere, alla luce della ricostruzione cronologica degli eventi, che l’ufficiale, allontanatosi dal centro di Acciaroli per circa 23 minuti in concomitanza con l’esecuzione dell’omicidio senza essere in grado di ricostruire i suoi movimenti e poi intervenuto sul luogo del delitto nell’immediatezza del rinvenimento del cadavere, possa avere avuto contezza del delitto dopo la sua esecuzione ed essersi accordato con esecutori e mandanti per la relativa copertura solo dopo la realizzazione del proposito criminoso”.
A conferma di questa ipotesi il giudice cita, tra l’altro, l’allontanamento di Cagnazzo da una comitiva con cui si stava recando al ristorante proprio la sera dell’omicidio: c’è un buco di 23 minuti, in concomitanza con l’esecuzione del delitto, in cui l’ufficiale è scomparso e di cui non ha saputo dare una spiegazione. Secondo il gip, l’allontanamento del colonnello rimanda “ad una sua immediata attivazione concomitante al delitto, ad ulteriore conferma dell’esistenza di un previo accordo con i responsabili, dei quali conosceva ed aveva interesse a coprire l’identità”.
Per gli inquirenti, ai fini della contestazione a Cagnazzo del reato di concorso materiale nell’omicidio, è importante provare che lo abbia agevolato: questo implica che l’ufficiale fosse a conoscenza del delitto prima della sua sua commissione e che abbia garantito il suo immediato intervento di depistaggio. E’ quello che sostiene il gip quando scrive che “il meccanismo di depistaggio ordito dal col. Cagnazzo veniva attuato sin dalle prime fasi successive al delitto” ed è “evidente come la stretta correlazione temporale tra l’omicidio e lo sviamento delle indagini rimandi ad una previa conoscenza degli autori del reato da parte di Cagnazzo” e, “dunque, a un previo accordo”. Ad avviso del gip, infatti, “non è verosimile ritenere, alla luce della ricostruzione cronologica degli eventi, che l’ufficiale, allontanatosi dal centro di Acciaroli per circa 23 minuti in concomitanza con l’esecuzione dell’omicidio senza essere in grado di ricostruire i suoi movimenti e poi intervenuto sul luogo del delitto nell’immediatezza del rinvenimento del cadavere, possa avere avuto contezza del delitto dopo la sua esecuzione ed essersi accordato con esecutori e mandanti per la relativa copertura solo dopo la realizzazione del proposito criminoso”.