Concorso in omicidio premeditato del sindaco Angelo Vassallo, con l’aggravante del metodo mafioso. È l’accusa della Dda di Salerno ai quattro indagati, raggiunti da misura cautelare dell’arresto in carcere, eseguita dal Ros carabinieri Roma. Tra loro il colonnello dell’Arma Fabio Cagnazzo, per anni punta di diamante dell’anti camorra, alla guida del nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Il provvedimento del gip salernitano Annamaria Ferraiolo – che ha escluso l’ipotizzata aggravante dell’agevolazione mafiosa al clan camrristico Cesarano, ritenendo sussistendo solo il metodo mafioso – colpisce anche l’ex brigadiere dei carabinieri Lazzaro Cioffi, l’imprenditore Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia già appartenente al clan Loreto-Ridosso. Nomi già emersi nel corso delle perquisizioni effettuate nel luglio di due anni fa.
Alla ricostruzione investigativa manca l’ultimo pezzo. Il killer del sindaco-pescatore di Pollica, freddato da 9 colpi di pistola semiautomatica calibro 9, la sera del 5 settembre 2010 nella frazione di Acciaroli. “Cagionavano la morte del Vassallo – si legge nella contestazione – attinto da soggetti non identificati”. C’è chiaramente invece il presunto movente. Gli inquirenti lo individuano nell’eliminazione di una minaccia. Vassallo avrebbe scoperto un traffico di droga nel suo territorio. Un giro di stupefacenti legato ad ambienti di camorra, con il coinvolgimento di uomini dell’Arma. Il sindaco avrebbe voluto denunciare tutto, lo avrebbe anche anticipato all’allora procuratore capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco. Venuti a sapere dell’intenzione, gli indagati avrebbero così organizzato l’omicidio. Prima che Vassallo formalizzasse la denuncia ad un carabiniere, uomo di fiducia del procuratore Greco. Sono indagati per il traffico di stupefacenti Cagnazzo, Cioffi e Cipriano, insieme ad altri non accusati dell’omicidio. Per quest’ipotesi si procede però separatamente.
E pochi giorni prima di essere ammazzato, Vassallo avrebbe manifestato timori per la sua vita. Quasi un presagio confessato all’amico Domenico Vaccaro, sindaco del comune cilentano di Lustra. A raccontarlo ai pm è proprio quest’ultimo nel 2021. “Mi confidò di avere delle grosse preoccupazioni e – dichiara il testimone – a mi disse testualmente: ‘Ho visto e sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe sarebbe stato meglio non sapere e non vedere, vogliono portare la camorra nel Cilento ed io farò di tutto perché ciò non avvenga, ed ho paura che mi fanno fuori, tengo paura che mi fanno fuori. Torno a casa prima di mezzanotte, non faccio mai la stessa strada e non mi fermo chiunque incontro per strada, anche se è un amico”.
Tre anni fa le indagini stavano prendendo già una precisa direzione. Secondo la procura guidata da Giuseppe Borrelli, in precedenza Cagnazzo si sarebbe speso in una attività di depistaggio. Un inquinamento partito già prima del delitto. E continuato anche dopo, stingendo amicizia con i parenti della vittima. “Il nostro salvatore” lo definiva la famiglia di Angelo Vassallo. A casa loro si sarebbe visto più volte, nei giorni successivi all’agguato. “Molto presente” dicevano i familiari. Ma per gli investigatori, quella vicinanza sarebbe stata “un tassello di non trascurabile rilievo”, nel depistaggio. Un modo per garantirsi informazioni sullo sviluppo delle indagini. Un’accusa terribile, da cui ora l’ufficiale dovrà difendersi. Nei verbali del pentito Eugenio D’Atri, il condizionamento psicologico dei congiunti sarebbe avvenuto non solo per evitare la carcerazione. Ma anche perché, per il colonnello, sarebbe stato insopportabile “perdere l’onore”. Stando all’inchiesta, dunque Cagnazzo avrebbe sviato le investigazioni. Lo avrebbe fatto puntando il dito contro Bruno Humberto Damiani. Il “brasiliano”, così detto, era uno spacciatore della zona, indagato ma poi scagionato per l’assassinio del sindaco. “Un perfetto colpevole” nei piani del presunto depistaggio, usando le parole della Dda.
L’apporto di Cagnazzo all’uccisione sarebbe di “Concorso materiale agevolatore”, scrive il gip, parlando degli indizi di colpevolezza. Stessa contestazione per il 62enne Cioffi, a carico già una condanna (non definitiva) per traffico di droga, in vicende diverse. “Avendo partecipato ad almeno un sopralluogo – sottolinea il gip – funzionale alla pianificazione dell’atto omicidiario ed alla pianificazione di un sopralluogo successivo”. Concorso materiale agevolatore è pure l’accusa a Ridosso. “Avendo questi preso parte ad un sopralluogo – afferma l’ordinanza di misura cautelare – effettuato con la sua autovettura il 3 settembre 2010, a due giorni dall’omicidio, finalizzato a verificare la presenza di telecamere di sorveglianza nel territorio di Acciaroli e, dunque, ad individuare i percorsi da seguire da parte degli esecutori materiali nell’omicidio nelle attività di pedinamento e di materiale esecuzione dell’azione delittuosa per sfuggire alle riprese”. Benché collaboratore di giustizia, il 63enne Ridosso ha però sempre ribadito la sua estraneità all’omicidio. Concorso materiale è l’addebito per Cipriano, 56enne di Pompei. “Avendo preso parte ad almeno uno dei due sopralluoghi – sostiene l’accusa – prodromici all’esecuzione dell’omicidio, che egli stesso sollecitava, al fine di impedire che la vittima denunciasse il traffico di sostanze stupefacenti nel quale era coinvolto”. Ora gli indagati sono attesi dagli interrogatori di garanzia.