Una denuncia delle presunte vittime di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, ed una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche. Sono tra le fonti di prova inserite nell’ordinanza di custodia cautelare, costata il carcere al boss Rosario Piccirillo – già detenuto per altre cause – ed al figlio Antonio. Il provvedimento, richiesto dalla Dda di Napoli (pm Mariangela Magariello e Celeste Carrano), è stato disposto dal gip Federica Colucci. Ad eseguirlo ieri la Squadra Mobile partenopea. Nell’adottarlo, il giudice considera determinanti le intercettazioni. Conterrebbero addirittura le “confessioni stragiudiziali” dei due indagati, relative a fatti accaduti tra maggio e luglio del 2020. Sarebbero inoltre connotate da spontaneità, registrando “affermazioni sia autoaccusatorie che eteroaccusatorie”. “Invero, gli interlocutori – scrive il gip del tribunale di Napoli – non immaginavano neppure lontanamente di essere intercettati, sicché essi parlano liberamente”. Del resto, il loro intento non sarebbe “quello di accusarsi o di accusare qualcuno”. Viceversa di “scambiarsi commenti ed opinioni”.
A questo, gli inquirenti aggiungono la denuncia della tiktoker Rita De Crescenzo e del marito. Sono considerati gestori di fatto di una società, concessionaria dello specchio d’acqua in via Caracciolo, antistante il consolato americano. Lì è allestito un campo boe per l’ormeggio di 22 barche. La coppia avrebbe ricevuto minacce da Antonio Piccirillo, pronunciate anche per conto del padre. Secondo le indagini, obiettivo sarebbe stato appropriarsi di parte delle boe, spettanti “alla famiglia Piccirillo”. Di Rosario Piccirillo ‘o biondo le cronache giudiziarie hanno parlato molto. Dal 2021 sconta una condanna definitiva a 10 anni e 7 mesi per associazione mafiosa. Lo si riconosce come promotore ed organizzatore dell’omonimo clan, la cui base è alla Torretta di Mergellina. Ma l’ordinanza del gip ripercorre anche la figura del figlio Antonio, 29 anni appena compiuti. Di lui i media si interessano nel maggio 2019, a seguito delle reazioni a un grave fatto di camorra: il ferimento della piccola Noemi in piazza Nazionale. La bambina è una passante incolpevole, attinta da una pallottola vagante. L’episodio suscita sdegno ed emozione, sfociate in proteste.
Proprio ad un sit-in anti camorra, si fa notare Antonio Piccirillo. È un ragazzo di 24 anni, porta un cognome pesante, non lo nasconde. Si scaglia però contro le logiche perverse dei clan, fino a rinnegare il padre. Sembra una storia di riscatto. La faccenda è ghiotta per la stampa, che ci si fionda, promettendo risvolti edificanti. Tra l’altro il giovane Piccirillo non si nega. Rilascia interviste, ricorda il gip, “attraverso cui dichiarava esplicitamente di dissociarsi dagli ambienti della criminalità organizzata”. Nel suo percorso, anche attività per promuovere attività sociali nelle carceri. Fino al tentato salto in politica, con la candidatura alle comunali del 2021. Per gli inquirenti, tuttavia, sarebbe stata tutta una finzione (“Non si è mai realmente dissociato”). A suffragarlo, il giudice sottolinea altri guai per Piccirillo jr. Il 29enne infatti è oggi imputato per estorsione aggravata, sempre con il padre, in un altro procedimento. L’accusa riguarda fatti avvenuti tra 2020 e 2021. “La spregiudicatezza dell’indagato – afferma il gip – emerge poi dalle conversazioni intercettate nel medesimo periodo in cui professava di essersi dissociato dal padre e dal contesto camorristico”. E adesso dovrà difendersi da tali contestazioni.