Un lavoro di squadra o, meglio, un gioco di squadra per dirla con le parole del presidente della Rete di Economia Civile ‘Consorzio Sale della Terra’, Angelo Moretti, intervenuto a “Imparare giocando – Il gioco nello sviluppo affettivo, cognitivo e sociale”, incontro formativo e informativo rivolto ai genitori dei beneficiari del Nido di Comunità di Petruro Irpino, svoltosi la scorsa settimana nell’ambito di “Nidi di Comunità”, un progetto finanziato da Impresa Sociale “Con i Bambini” nell’ambito del fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile che mira alla presa in carico di bambini e famiglie che affrontano la prima infanzia, attraverso la nascita di agri-nidi di comunità, il potenziamento/adeguamento dei servizio e la realizzazione di attività open air per bambini e famiglie nelle regioni Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia, Piemonte.
L’incontro ha costituito l’occasione per rilanciare un modello educativo dell’infanzia che esca dalle mura degli asili nidi e favorisca l’apprendimento e la socialità tramite l’esperienza diretta, tramite il “gioco libero in natura”; come ha sottolineato la pediatra e responsabile del progetto, la dottoressa Antonella Casani: “(I bambini) Devono cadere, si devono sporcare. I bambini di oggi non conoscono la terra, sono goffi, non sono autonomi”.
L’ evento, moderato da Jenny Capozzi, giornalista ed educatrice della Cooperativa sociale ‘La Pietra Angolare’, ha affrontato diversi temi inerenti all’educazione dell’infanzia, come quello del gioco, trattato da Paola Cavuoto, psicologa e docente, da pochi mesi al fianco degli operatori irpini nelle attività del Nido. Nel suo intervento, la dottoressa ha analizzato il gioco nelle sue varie forme e la sua importanza nella crescita del bambino: “I giocattoli – ha precisato l’esperta – hanno dei limiti: vanno usati in modo complementare ai giochi liberi, quelli spontanei, quelli del fare esperienza. I giocattoli hanno scatole meravigliose che contengono però le istruzioni: dicono, cioè, ai bambini come giocare. Il gioco libero, invece, va a stimolare la fantasia e la creatività del bambino.
Le “life’s skills”, sono abilità che il bambino apprende divertendosi nei giochi ‘liberi’. “E soprattutto – ha evidenziato la psicologa – le costruisce in relazione, a contatto con gli altri”. La psicologa ha sottolineato, portando a supporto l’esperienza di Petruro, proprio l’importanza del creare insieme, del fare con l’altro, in una relazione peer to peer in cui i bambini si aiutano a vicenda.
La dott.ssa Casani invece ha esaminato il ruolo dei genitori, che hanno il compito e il dovere di vigilare sui figli, in modo che possano costruire una propria autonomia in maniera libera e creativa.
Invece spesso si assiste a una discontinuità in ambiente familiare perché, ha evidenziato Casani, “educare è molto difficile; non si ha mai il tempo per farlo adeguatamente. Dire sì è molto più semplice”. Al contrario, sostiene la pediatra, bisogna far sì che un bambino, quando comincia la fase oppositiva, percepisca e riconosca l’autorevolezza del genitore, spesso, invece, preso per sfinimento. “Ben vengano quindi gli incontri con i genitori che devono calare nella realtà domestica quanto appreso e quanto suggerito dagli operatori”. Ad esempio nell’ambito della raccolta differenziata e della corretta alimentazione, due tematiche molto care agli operatori di Petruro, come sottolineato da Jenny Capozzi, e sulle quali vengono organizzate diverse attività
proprio per insegnare ai bambini una sana alimentazione e un corretto riciclo dei rifiuti, se in casa le abitudini sono diverse da quelle insegnate al nido, alla fine il bambino rischia di assorbire maggiormente le abitudini familiari non corrette.
L’anima del progetto di Nidi di Comunità è venuta fuori in tutta la sua essenza dalle parole di Angelo Moretti che, con concretezza, ottimismo e fiducia, ha parlato di un’altra declinazione del gioco, in un ambito semantico socio-politico. Aprendo il suo intervento, Moretti ha sottolineato che “il progetto di Nidi di Comunità nasce a Petruro: questa – ha spiegato Moretti – è stata la piazza che mi ha convinto della bontà di questo progetto. Perché quando è arrivato Victory, il primo bambino nigeriano che ha aperto le danze dell’accoglienza, abbiamo visto come questo paese si sia ‘rivoltato’, come abbia avuto una grandissima capacità di accoglienza e di reinventarsi”.
Il discorso di Moretti è stato incentrato sulla necessità di un cambiamento di prospettiva che, partendo dal basso, vada poi a creare circoli virtuosi con il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti i soggetti sociali, dalle famiglie agli operatori, agli specialisti fino agli organi istituzionali. Moretti ha parlato della necessità di cambiare il “gioco politico”, espressione che, ha ammesso, in prima battuta lascia un’impressione negativa ma che se volto al positivo rappresenta la svolta.
Ha spiegato che il Nido di Comunità non può essere solo un progetto, ma deve servire per lanciare un’idea. Una volta accolta e verificata la bontà di questa idea, è necessario che le istituzioni e le politiche sociali si attivino affinché l’iniziativa, che si è dimostrata positiva, possa proseguire. Ha osservato che il PNRR, la più grande forma di finanziamento mai esistita in Europa, ha stanziato fondi strategici per miliardi di euro sugli asili nido, il che potrebbe sembrare un fatto positivo. Tuttavia, ha sottolineato come, in realtà, tutto si sia tradotto nell’idea di costruire asili, piuttosto che dare le risorse necessarie per attivare i nidi. Ha affermato che, con il progetto Nidi di Comunità, si possono realizzare attività che costano molto meno rispetto alla costruzione di un asilo, ma che hanno un valore maggiore, come ad esempio portare i bambini a raccogliere la frutta, a raccogliere le foglie o a imparare la raccolta differenziata giocando. Per fare tutto ciò, ha ribadito, non servono miliardi di euro, ma operatori competenti.
Moretti ha sostenuto che in ogni Comune dovrebbero esserci operatori specializzati nell’infanzia, e che per raggiungere questo obiettivo sono necessarie continuità e stabilità.
Infine l’accenno ad un tema, quello del rapporto tra i bambini e gli anziani, che la stessa Capozzi ha anticipato “sarà oggetto delle nostre attività future”. “Nel sud della Francia – ha detto in merito Casani – le persone di una certa età vanno negli asili per aiutare a far mangiare i bambini, per farli giocare, raccontare storie, un po’ come avveniva quando noi eravamo piccoli. L’esperienza di questo paese della Costa Azzurra ha fatto sì che si sia strutturato un programma in cui gli anziani si sono messi a disposizione del personale dei nidi per l’educazione. Loro hanno dato tanto ai bambini e viceversa. Quindi – ha esortato la psicologa – facciamolo questo esperimento”.