Corrisponde a circa 177 ettari la superficie marina lungo la Costa dei Campi Flegrei pattugliata il giorno di Ferragosto dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, con il supporto del Nucleo Carabinieri Subacquei di Napoli e della Soprintendenza ABAP per l’Area Metropolitana di Napoli. Si tratta di un’area unica al mondo, inserita a terra nel più esteso Parco Archeologico dei Campi Flegrei, corrispondente all’antica zona portuale romana del Portus Julius che comprendeva l’approdo dell’imponente flotta di Capo Miseno, da cui il comandante Plinio il Vecchio, a seguito dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., partì in direzione della zona colpita dal vulcano per meglio comprenderne il fenomeno, rimanendovi ucciso. Come è ben noto, la zona è soggetta al fenomeno del bradisismo, con sprofondamento costante della fascia costiera, circa 6-8 metri rispetto alla linea della costa antica, compresa tra il Porto di Baia del Comune di Bacoli e il Molo di Lido Augusto ricadente nel Comune di Pozzuoli. Le rilevanze archeologiche oggetto di tutela sono numerose: le antiche strutture di punta Sarparella, il ninfeo imperiale di Punta Epitaffio, la villa dei Pisoni, la cosiddetta villa “a protiro”, un’ampia zona urbana con le caratteristiche tabernae, un complesso termale, una peschiera a pianta semicircolare situata all’estremità meridionale dell’insenatura, un grande magazzino a pianta quadrangolare individuato nella corte centrale del Portus Julius. Il tutto impreziosito da suntuosi mosaici, sinuose statue, colonne, tracciati stradali e pavimenti marmorei di pregio. Data l’eccezionalità del sito, ammirato da turisti e studiosi provenienti da tutto il mondo, gli addetti alla tutela del patrimonio culturale campano svolgono una costante azione di monitoraggio a salvaguardia dell’area marina protetta. La vigilanza del sito è principalmente rivolta ad impedire danni al patrimonio archeologico sommerso causati generalmente dagli ormeggi dei natanti che, soprattutto in passato, non di rado avvenivano su mosaici e manufatti archeologici. Oggi l’intera area è suddivisa in zone a seconda del grado di protezione, delimitate da boe che ne segnalano la presenza, preservandola anche da imbarcazioni in transito e da immersioni non autorizzate. Le attività di tutela e valorizzazione svolte in sinergia tra la Soprintendenza, i Carabinieri del Nucleo TPC di Napoli e il Nucleo Subacquei, sono rivolte in particolare alla prevenzione di attività di trafugamento dei reperti e danneggiamento dei siti, oltre che al controllo dello stato di conservazione dei resti archeologici sommersi, sempre documentato nell’ambito di specifici progetti di ricerca e tutela.
“L’Arma dei Carabinieri mette in campo le proprie componenti specialistiche per la tutela dei siti sommersi, in collaborazione con gli organi periferici del Ministero della Cultura – spiega il Comandante del Nucleo TPC di Napoli – spesso oggetto di ricerca clandestina da parte di sub a caccia di antichi relitti, corrispondenti a quelli che sulla terraferma vengono definiti “tombaroli”. Si tratta, difatti, di analoghe attività illegali, molto spesso rientranti in azioni delittuose più ampie, definite archeomafie, ovvero in attività illecite poste in essere da organizzazioni criminali ben strutturate dedite al trafugamento di reperti archeologici, mediante scavi clandestini che possono avvenire sulla terraferma o in mare, e alla successiva vendita a collezionisti privati locali o stranieri, in quest’ultimo caso mediante illecite esportazioni che si avvalgono di canali di ricettazione internazionali. La Campania, come del resto gran parte del territorio italiano, è caratterizzata da uno straordinario patrimonio archeologico subacqueo presente lungo le coste che deve essere salvaguardato attraverso un continuo monitoraggio e mappatura dei siti, in applicazione di un’avanzata normativa nazionale di settore e delle specifiche convenzioni internazionali, prima tra tutte la Convenzione UNESCO del 2001″.