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Il Tfn nelle motivazioni della condanna a 9 mesi di squalifica per l’ex giallorosso Francesco Forte ha evidenziato “Come se il Forte abbia momentaneamente ceduto ad uno stimolo da scommettitore (peraltro, di regola, su gare di tennis) con una scivolata certamente vietata ma non particolarmente pericolosa”. Ecco lo stralcio delle motivazioni pubblicate oggi relative alla posizione del calciatore Francesco Forte:  

“Con riferimento al Sig. FORTE, dalla complessiva lettura dell’atto di deferimento, si evince che al predetto viene contestata l’effettuazione di n. 7 scommesse calcistiche su un conto gioco a lui intestato. Il dato in questione appare di palmare evidenza e non viene posto in dubbio neanche dall’odierno deferito il quale, tuttavia, sotto il profilo sostanziale, ha sostenuto che le scommesse, relative a sole 4 partite, siano state episodicamente effettuate dal fratello, all’epoca dei fatti minorenne e a favore del quale il FORTE avrebbe proceduto ad aprire un conto gioco, al fine di eludere il divieto normativo di partecipazione ai giochi on line per i minorenni, per consentirgli di poter effettuare scommesse solo sul tennis. Ha aggiunto, poi, che nei giorni di effettuazione delle scommesse, non aveva la disponibilità del proprio telefono, in quanto lasciato in possesso del medesimo fratello minorenne ad evitare che la moglie potesse controllare la sua posizione territoriale. Ha, poi, posto l’accento sul carattere meramente episodico del fatto contestato e sull’irrisorietà della somma scommessa, in un periodo di tempo estremamente circoscritto. Sul punto ritiene questo Tribunale che appare sufficientemente provata la responsabilità del deferito essendo pacifica la circostanza che, sul proprio conto gioco e, quindi, direttamente imputabile alla sua persona ed al suo account, sono state effettuate le scommesse sportive incriminate, inequivocabilmente riferibili a partite di calcio, in violazione del divieto regolamentare. Appare, quindi, evidente che il deferito avrebbe dovuto fornire ampie, argomentate ed approfondite argomentazioni contrarie, al fine di superare l’indiscutibile dato sopra esposto. Al riguardo, a parere di questo Tribunale, risulta non verosimile quanto asserito dal FORTE in ordine all’utilizzo del conto gioco da parte del fratello minorenne e della contestuale indisponibilità del telefono cellulare. Non ha infatti credibilità la dichiarazione apocrifa del fratello depositata in atti dal deferito, peraltro non assistita da alcuna pur possibile forma di assunzione di responsabilità. Mentre, confortano sul piano indiziario (al limite della prova certa) le circostanze che il conto de quo è stato aperto il giorno 12 maggio 2022, nel quale dalla fine della mattina alle 21.05 di sera sono state effettuate quattro scommesse su una medesima partita di importi (euro 200,00; 800,00; 500,00; 500,00) sicuramente indisponibili per un minorenne tantopiù (secondo la tesi difensiva) al primo approccio con scommesse su partite di calcio”.

“Così come la scommessa plurima (tre partite) del 14 maggio risulta decisamente poco ascrivibile ad un minore amante del tennis e scommettitore (con il fratello) su partite di tale sport. Invero anche la supposta indisponibilità volontaria del telefonino – non assistita da alcun riscontro diverso dall’affermazione apodittica del fatto – non avrebbe comunque impedito l’accesso del FORTE al proprio conto gioco mediante altri strumenti informatici, mentre non vi è evidenza di un espresso e manifesto dissenso alle operazioni poste in essere delle quali il FORTE ha affermato di essersi accorto solo dopo la notifica della vincita.
Occorre, poi brevemente argomentare in ordine all’eccezione della difesa relativa alla supposta violazione dei principi di proporzionalità e di concorrenza, di matrice comunitaria, nonché dei principi di uguaglianza e ragionevolezza e di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art.3 e 97 della Costituzione. Secondo la prospettazione della difesa, la ratio della norma, letta conformemente ai principi sopra elencati, dovrebbe portare ad una interpretazione della stessa volta a sanzionare il divieto di scommesse solo qualora l’associato possa trarre una qualche utilità, ritenendo sussistente il cd. “dolo specifico”. Più in specifico dovrebbe comportare un dolo da illecito sportivo. Ma il tenore letterale della disposizione depone esattamente nel senso contrario prospettato dalla difesa del FORTE, né tale disposizione, evidentemente posta a tutela dei principi di etica e morale stabiliti a fondamento dell’ordinamento sportivo, appare orientata ad eliminare, in radice, ogni possibilità di conflitto – anche meramente potenziale – fra i predetti valori ed il mondo
sportivo. Si badi, fra l’altro, che il divieto è rivolto non solo ai calciatori del settore professionistico ma a tutti i soggetti facenti parte dell’ordinamento federale appartenenti a tale settore; quindi non si comprende quale possa essere la paventata lesione dei principi
di uguaglianza, in ragione della particolare natura dell’attività prestata. La tenuità del divieto di cui al secondo comma dell’art. 24, nel senso di ritenere sanzionabile esclusivamente le scommesse presso soggetti non autorizzati, trova la sua ratio nella sostanziale differenza della platea soggettiva destinataria del precetto, vale a dire i soggetti facenti parte del settore dilettantistico. Ritenere censurabile il divieto in questione solo in ragione dell’eventuale utilità conseguita, vale a dire qualora il fine (implicito) sia quello di alterare il regolare svolgimento dei campionati ovvero di trarre vantaggi dalla conoscenza di alcuni risultati alterati, cosi come sostenuto dalla difesa del deferito (pag.13 della memoria difensiva), varrebbe a sussumere la disposizione in questione nella più generale violazione caratterizzante un vero e proprio illecito sportivo, rendendo, de facto, del tutto pleonastica l’esistenza stessa del precetto in questione. Anche le doglianze in ordine alla sanzione minima pari a 36 mesi prevista dall’ordinamento sportivo non può trovare accoglimento in quanto, come è evidente, l’ordinamento sportivo dispone degli strumenti necessari per consentire – come di vedrà nel caso di specie – un’equa valutazione dosimetrica nell’irrogazione della sanzione stessa. Del tutto irrilevanti, poi, appaiono le comparazioni effettuate con gli altri ordinamenti sportivi, in ragione dell’assenza in materia di una direttiva generale volta ad orientare il legislatore nazionale ed essendo demandata alla piena ed insindacabile autonomia degli ordinamenti federali, l’ambito oggettivo e soggettivo degli obblighi in capo agli associati e l’entità delle sanzioni da irrogare”. 

“Concludendo in merito alla posizione del Sig. FORTE, risultato anche estraneo a qualsiasi rapporto con il Covino e con altri “canalizzatori” di scommesse peraltro sfumatisi nel corso del procedimento disciplinare, e venendo alla sanzione da irrogare, ritiene il Tribunale che la circostanza che il Forte abbia chiuso il conto utilizzato per le sette scommesse in tempo molto ridotto rispetto alla sua apertura costituisce attenuante ex art. 13, comma 1 lett. c), CGS, cui può aggiungersi la concessione delle attenuanti generiche per la sporadicità della violazione e l’entità delle somme scommesse, certamente non rilevanti per un calciatore professionista. Come se il Forte abbia momentaneamente ceduto ad uno stimolo da scommettitore (peraltro, di regola, su gare di tennis) con una scivolata certamente vietata ma non particolarmente pericolosa. Sanzione equa, si ritiene, quindi, la squalifica per mesi 9 (nove) e l’ammenda di euro 6.000,00 (seimila) considerato che non possono trovare applicazione le richieste sanzionatorie della Procura Federale, relativamente alla commutazione della squalifica in prescrizioni alternative, ai sensi del disposto dell’art. 128 CGS, posto che manca il requisito dell’ammissione di responsabilità da parte del tesserato”.