Tempo di lettura: 4 minuti

Sono tante le domande che sorgono sulla gestione dell’emergenza ambientale causata dall’incendio di origine dolosa che ha interessato e distrutto 6mila ecoballe di rifiuti provenienti dalla Tunisia e oggetto di un’inchiesta per traffico internazionale illecito di rifiuti, andati in fiamme martedì pomeriggio nel sito di permanenza temporaneo collocato all’interno del comprensorio militare di Persano, nel comune di Serre.
Fiamme che continuano ad ardere le ecoballe dove ormai da due giorni, sono a lavoro per le operazioni di spegnimento, numerose squadre dei vigili del fuoco, mentre la puzza di fumo sprigionata dalla nube tossica ha invaso i comuni della Piana del Sele, degli Alburni e finanche della Valle del Sele e Tanagro, tra la rabbia e l’indignazione di sindaci e comunità.
Una situazione di pericolo ambientale che, secondo il vicepresidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola sarebbe stata innescata da una mano criminale, che ha fatto scattare le ordinanze sindacali a scopo precauzione dei sindaci degli Alburni e della Piana del Sele di divieto per almeno due giorni, ed in attesa delle analisi dell’Arpac e delle disposizioni della Prefettura sul rilevamento delle polveri tossiche nell’aria che giungeranno nelle prossime ore, di raccolta e consumo dei prodotti agricoli e di chiusura di porte e finestre per evitare l’inalazione di sostanze velenose nell’aria, mentre le attività di esercitazione dei militari di due delle caserme dell’esercito italiano collocate a ridosso dell’incendio nel comprensorio, sono state temporaneamente sospese in attesa dello spegnimento del rogo.
E mentre il Comune di Serre per il tramite del suo sindaco Antonio Opramolla annuncia che presenterà denuncia ai Carabinieri per l’avvio di un’inchiesta sul caso e nella quale l’Ente chiederà di costituirsi parte civile nel processo, la Procura ha già ricevuto il dossier sull’incendio di probabile origine dolosa. Secondo indiscrezioni inoltre, nelle prossime ore dovrebbe essere mesa in atto la seconda fase di operazione di spegnimento del rogo attraverso la copertura dei rifiuti con della terra per domare le fiamme e farle spegnere.
Intanto però, all’interno del comprensorio militare oltre alla presenza di alloggi civili demaniali occupati dai miliari e dalle loro famiglie e di caserme con all’interno militari e ufficiali in servizio anche durante il rogo, ci sono anche delle aziende agricole e degli allevamenti autorizzati con oltre 600 capi di bestiame che pascolano nella zona militare e proprio a pochi metri dall’area interessata dall’incendio. Le domande quindi, sono consequenziali ed esigono una risposta dalle Autorità Compenti: perché i capi di bestiame non sono stati evacuati dall’area militare? E la zona non è stata interdetta alle attività agricole e di allevamento? Perché non è stato chiesto l’intervento della Protezione Civile? E soprattutto, perché non è stato attivato il nucleo NBCR, il reparto specializzato dei Vigili del Fuoco che opera nell’ambito della protezione civile, in interventi che riguardano i rischi nucleare, biologico, chimico e radiologico affinché si effettuasse uno screening dell’area finalizzato alla rilevazione delle sostanze tossiche presenti nell’aria e alla decontaminazione di persone quali i militari e luoghi da gas tossici, polveri ecc. al fine di stabilire una eventuale evacuazione di persone e capi di bestiame presenti nel comprensorio?
Intanto il Comune di Serre, in attesa della riunione in Prefettura che farà avere con dati Arpac e Asl, un quadro chiaro ai primi cittadini sulle misure da adottare per tutelare la salute dei cittadini e la salubrità dell’aria e dei prodotti agricoli provenienti dalle aziende agricole e di allevamento del territorio interessate dalla nube di fumo tossica sprigionata dal rogo di ecoballe, annuncia battaglia giudiziaria e una richiesta di ristoro – “andremo fino in fondo per capire le cause e le responsabilità di questo disastro ambientale che – come scrive il sindaco nero su bianco in una nota – sta provocando danni incalcolabili al territorio, all’ambiente, all’agricoltura, all’economia locale e alla salute dei cittadini costretti a subire i fumi”.