Una cifra boom, all’apparenza un’anomalia al Comune di Napoli. Tanto da generare varie congetture. Ammontano a 450.000 euro complessivi i rimborsi dovuti ai datori di lavoro dei consiglieri comunali. Il ristoro, va ricordato, è previsto per legge. Compensa i permessi concessi ai dipendenti. Si assentano dal lavoro, per partecipare a riunioni di commissione e del consiglio. In pratica, per espletare il mandato elettorale. Una prassi abituale, in ogni ente locale. Tanto da costituire una voce fissa del bilancio. Ma a colpire, stavolta, non è solo l’entità della somma. C’è anzitutto la collocazione: è sbucata nella manovra di assestamento, da votare entro il 31 luglio. E nella nota di sintesi, firmata dall’assessore al bilancio, rientra tra le “rilevanti emergenze non previste”. Un controsenso, si direbbe. I rimborsi non rappresentano un’eventualità, ma una certezza. E l’amministrazione sembrava aver provveduto, in precedenza, come di rito.
Contattato da Anteprima24, Pier Paolo Baretta ribadisce “l’incremento” dei rimborsi. Fornisce inoltre alcuni chiarimenti. “Nel bilancio del Comune già c’è una quota ovviamente – premette -, ma nel corso dell’anno c’è stata la richiesta di incremento di questo dato”. Va da sé: “Essendo un assestamento quella cifra non era prevista”. Tuttavia, secondo l’assessore, “ci sono tre problemi”. Anzitutto “c’erano degli arretrati”. In secondo luogo, “per un lungo periodo le aziende pubbliche non erano calcolate per il rimborso”. Successivamente tuttavia “c’è stata una sentenza che ha detto che anche loro vanno rimborsate”. E anche questo avrebbe contribuito a far lievitare la somma. “E poi evidentemente – rileva Baretta – c’è un maggior numero di ore di assenza dal lavoro, quindi maggior attività di consiglio”.
Si discosta in parte dall’assessore al bilancio, invece, la spiegazione della presidente del consiglio comunale. Per Enza Amato, in realtà, non ci sarebbe alcun incremento dei rimborsi. La cifra di 450mila euro sarebbe dovuta agli arretrati, e al riconoscimento di somme alle aziende pubbliche prima non dovute e poi sì, a seguito di sentenza.