Un’estate di rinascita, ma anche l’estate degli addii. E ce ne sono alcuni che lasciano il segno perchè già sai che il vuoto e il silenzio del rettangolo di gioco sarà così rumoroso da far pensare all’esplosione di gioia di un gol promozione allo scadere.
La chiusura di un’era che può essere figlia di tante motivazioni: un po’ gli stimoli, un po’ l’assenza di voglia, un po’ anche una questione economica. Certo è che il sipario che si chiude sulla Virtus Goti diventa di quelli pesanti e, per certi versi, anche toccanti.
Una realtà che perde la sua squadra di calcio, un centro come Sant’Agata che rischia di trovarsi con domeniche vuote, quando, invece, c’era una missione da portare avanti. E’ la società di Giuseppe Carfora, un condottiero che ha lasciato questa vita troppo presto ma si segnali ne ha impressi in una realtà intera. Parlare della Virtus, significava parlare di PC, come amavano chiamarlo tutti, significava vedere il suo volto, il suo garbo e il suo amore per la comunità. Non il calcio, quello era un mezzo, ciò che contava era l’unione sotto lo stesso colore e sotto la stessa bandiera.
Un messaggio che è stato portato avanti da chi ha ereditato questa battaglia, quella Dolores Simeone che ha rappresentato l’ombra del presidente e poi la voce di un quel sogno in cui ha creduto e ha fatto bene a farlo, per citare il motto di PC.
Ma anche i sogni finiscono quando c’è da aprire gli occhi e la realtà è di quelle che non vorresti mai vedere ma che, con consapevolezza, devi accettare. Ecco, alla Virtus Goti è accaduto tutto ciò. La fine di un sogno e l’inizio di una realtà che non vedrà la formazione virtussina ai nastri di partenza della prossima stagione. Ciò che lascia questo sogno, però, è il sapore dolce di un prato seminato di tantissimi valori che solo un uomo gentile come Giuseppe Carfora sapeva piantare nel suo giardino. E di fiori ne sono nati eccome. Quelli non li reciderà mai nessuno.