Chi si ammala di tumore non deve fare i conti soltanto con il dolore fisico e psicologico. Chi si ammala di tumore deve lottare spesso anche con difficoltà di ordine pratico, come per esempio raggiungere ogni settimana l’ospedale per farsi disinfettare il picc, quel catetere che serve per iniettare nelle vene i medicinali della chemioterapia.
Difficoltà che riguardano non solo l’ammalato, ma anche i suoi familiari, quando per esempio, l’ammalato è molto anziano o molto provato dalla malattia. Difficoltà come prendersi un giorno di lavoro. Sembra niente, se la terapia dura poco, ma se dura mesi, diventa un problema per tutta la famiglia.
L‘Istituto dei tumori ‘Pascale’ di Napoli prova oggi ad alleviare almeno queste difficoltà con il progetto HVAS (acronimo di Home Vascular Access System), una innovativa e, al momento unica, iniziativa sul territorio nazionale ed europeo, che garantisce tanto ai caregivers quanto ai pazienti, una qualità di vita migliore grazie al risparmio di risorse e di giornate di lavoro al quale sia i familiari che i pazienti a volte sono costretti a rinunciare per accompagnare o seguire determinate azioni di cura presso le strutture ospedaliere.
Parliamo di pazienti portatori di picc, dispositivi che vengono impiantati e rimangono in sede per lunghi periodi di tempo, garantendo la possibilità di somministrare le terapie adeguate.
Perché questo però possa accadere, è necessario che questi dispositivi siano oggetto di una vera e propria manutenzione settimanale al fine di garantirne la funzionalità e prevenire infezioni.
Questa attività normalmente viene effettuata in ospedale, ma, opportunamente formati, attraverso un corso e poi seguiti in tutte le attività tramite un cellulare, può essere effettuata al domicilio del paziente dai caregivers, limitando il contatto dei pazienti con l’ospedale e riducendo il rischio di contrarre anche infezioni ospedaliere.
“I caregivers svolgono un ruolo fondamentale in questo percorso; – dice Pasquale Aprea, responsabile della struttura dipartimentale accessi vascolari e day surgery del Pascale, nonché coordinatore del progetto HVAS – non sono infermieri o medici, sono persone opportunamente formate dai sanitari per svolgere compiti specifici, compiti elementari ma di enorme utilità per i pazienti. Paziente e caregiver possono usufruire di un supporto costante da parte di personale clinico esperto durante le procedure di management dell’accesso vascolare, attraverso un sistema di teleassistenza che permette di monitorare in tempo reale l’esecuzione della procedura. Questo ha una grossa valenza non solo dal punto di vista clinico ma anche dal punto di vista umano”.
Il corso è iniziato eri pomeriggio con ‘l’addestramento’ dei primi 25 caregivers.
“L’obiettivo – dice il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi – è quello di garantire un’assistenza territoriale qualificata e di qualità a tutti quei pazienti che devono sottoporsi a terapie infusionali frequentemente, attraverso un sistema omnicomprensivo di persone, dispositivi, formazione certificata e tecnologie dedicate. Il progetto HVAS del Pascale, voluto fortemente anche da Sandro Pignata, nostro oncologo e responsabile scientifico della Rete Oncologica Campana, risponde in maniera coerente anche a quanto definito nel più ampio Piano Oncologico Europeo con declinazione nel Piano Nazionale, che sottolinea l’importanza dell’applicazione di tecniche di eHealth education. Enfatizza inoltre il ruolo sempre piu strategico del caregivers che diventa in molti casi, se adeguatamente coinvolto e formato, parte del percorso di cura della persona affetta da patologia tumorale”.
Soddisfazione per l’iniziativa del Pascale arriva anche dal dirigente staff della direzione generale per la tutela della salute della Regione Campania, Ugo Trama: “Negli ultimi decenni, – dice – le innovazioni diagnostiche e terapeutiche hanno contribuito ad un aumento della sopravvivenza dei malati oncologici, determinando cambiamenti nei modelli di presa in carico a favore di una maggiore diffusione sul territorio delle attività di follow up e terapie di mantenimento. Dunque, facilitare l’accesso del paziente a setting decentrati diventa una necessità per una realistica presa in carico del paziente oncologico e, in questo contesto, il progetto risponde in maniera coerente puntando alla prossimità delle cure. Il concetto di prossimità risponde anche al potenziamento dell’assistenza domiciliare e della telemedicina, tutte attività da considerare come un insieme inscindibile e innovativo finalizzato a garantire migliori outcome e qualità di vita sia ai pazienti che ai propri caregiver, nonché a garantire una sanità più equa e sostenibile”.