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Dopo quattro anni non ho ricordi precisi, ma gli agenti più cattivi che mi hanno colpito non li dimentico”. Così, durante l’udienza del processo per le violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il teste Emanuele Irollo ha risposto alle domande del pubblico ministero, riconoscendo, tra numerosi non ricordo – “ma non dico bugie” ha precisato – alcuni imputati come gli autori del pestaggio avvenuto nei suoi confronti il 6 aprile 2020. Uno in particolare, Angelo Bruno, agente penitenziario attualmente in pensione che all’epoca dei fatti era in servizio all’ufficio cassa del carcere di Santa Maria Capua Vetere – le violenze avvennero al reparto Nilo – è stato riconosciuto in aula. “Non dimentico quello con la camicia nera e gli occhiali” dice Irollo indicando in aula Bruno, che lo avrebbe picchiato, racconta il teste, attualmente detenuto per reati di camorra, “nell’area passeggi, dicendomi che ‘non mi avrebbe ucciso per non sporcarsi le mani di m..’. Mi buttò anche una bottiglia addosso” ricorda Irollo, che poco dopo riconosce l’agente imputato Michele Vinciguerra in relazione a quanto avvenne dopo il 6. “Quando fummo portati in isolamento gli esternai le mie preoccupazioni per il detenuto Lamine Hakimi (morto un mese dopo le violenze, ndr), che si lamentava e gridava per il mal di testa e nei primi giorni dopo il sei aprile non ricevette la terapia medica; l’agente mi diceva di farmi gli affari miei”. Irollo ha inoltre riconosciuto gli agenti imputati Maurizio Colurciello, che “mi diede uno schiaffo mentre scendevo le scale”, Pasquale Merola e Gabriele Pancaro, che gli avrebbero dato schiaffi sulla nuca. Irollo ha poi spiegato però “che non era facile riconoscere chi ci picchiava, perché ci facevano piegare“. Sul 5 aprile, quando avvenne la protesta al Nilo dei detenuti per un caso di Covid – protesta che provocò la perquisizione del 6 durante la quale avvennero i pestaggi – Irollo spiega di aver convinto gli altri detenuti a togliere le barricate, e “la Commissaria Costanzo (imputata, ndr) ci promise che non ci avrebbero fatto nulla”. Gli avvocati difensori hanno poi fatto emergere errori in alcuni riconoscimenti. “Se ho sbagliato chiedo scusa alle persone che ho messo in mezzo, ma quattro anni fa i ricordi erano freschi, e chi ho riconosciuto allora, oggi non riesco a farlo”. Irollo ha poi citato due detenuti che dopo il 6 “vennero a dirci di non denunciare le violenze subite“.