“Abbiamo letto la “risposta” dell’assessore Pasquariello al nostro comunicato e riteniamo anche noi doveroso “fare alcune precisazioni in merito in quanto lo stesso è scritto mostrando scarsa conoscenza dei fatti o, il che sarebbe disdicevole, travisando gli stessi”, e lo faremo in maniera molto sintetica e schematica, in modo, speriamo, di rendere quanto più possibile chiara la nostra posizione (così da evitare fraintendimenti)”. Così in una nota i docenti della scuola secondaria di primo grado “F.Torre” di Benevento.
Partiamo proprio dal suo testo (così come noi insegnanti siamo abituati a fare) perché è stato, sotto alcuni punti di vista, esemplare: un tentativo di spostare il focus su ciò che esalta l’operato del “criticato” (in questo caso l’amministrazione comunale) per denigrare il “criticante” (in questo caso i docenti della scuola Torre) perdendo di vista il “reale oggetto del contendere”. Dunque, procediamo per gradi: l’assessore insiste sul fatto che in futuro avremo “un vero e proprio campus scolastico adeguato ai moderni standard di sicurezza e di insegnamento”, e di ciò siamo ben lieti e nessuno ha mai messo in dubbio questo aspetto, come siamo altrettanto lieti che l’Amministrazione Mastella, come ci ricorda sempre Pasquariello, ha ottenuto un ingente finanziamento nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (circa 17 milioni di euro).
L’assessore continua sottolineando che “si sono vagliate tutte le ipotesi possibili alla ricerca della soluzione che arrecasse meno disagio agli alunni ed alle loro famiglie, agli insegnanti, a tutto il personale scolastico”, ma, questo, più che un aspetto di cui vantarsi, ci sembra un modo assolutamente doveroso di procedere, soprattutto, poi, se riferito a chi si occupa di politica e di amministrazione. Arriviamo, poi, alla pars dolens, che poi è l’unico focus di tutto il nostro articolo: Pasquariello, con soddisfazione, sicuro che tutte le “ipotesi vagliate” abbiano portato alla soluzione migliore, conclude che gli alunni della scuola “Federico Torre” saranno collocati in tre edifici idonei e pronti all’uso: “La scuola Pacevecchia, facente parte dello stesso istituto comprensivo “Federico Torre”, inaugurata circa un anno fa dopo opportuni lavori di adeguamento strutturale; la scuola di Capodimonte, del pari ristrutturata, che ha ospitato negli scorsi anni prima i ragazzi della scuola Pacevecchia e, recentemente, quelli della scuola dell’infanzia di Cretarossa; l’ex edificio dei Padri Scolopi, in Via Bartolomeo Camerario, anch’esso recentemente ristrutturato, che quest’anno ha ospitato la popolazione scolastica della scuola di Via Pietà”. Che gli edifici siano stati ristrutturati e pronti all’uso è un altro aspetto che all’assessore sembra motivo di vanto, a noi, invece, che quegli edifici dovremo “viverli” per circa due anni, ci appare una “conditio sine qua non” imprescindibile ( avrebbero mai potuto mandarci in edifici “non idonei” e “non pronti all’uso”?). Ma il problema non è se gli edifici abbiano già ospitato o meno “popolazione scolastica”, il problema che noi tentiamo di sottoporre all’attenzione e che è estremamente serio e fondato è che non è possibile organizzare un orario scolastico su tre sedi così distanti e una anche senza parcheggio. Ed affermare che “le modalità spetteranno al dirigente scolastico, titolare della organizzazione dell’attività didattica” significa soltanto chiudere gli occhi davanti ad una situazione che ora è ancora affrontabile, a settembre non lo sarà più e ne darà tutte le sue nefaste conseguenze, dal momento che né il dirigente né altri potranno, in quelle condizioni, fare miracoli.
Cerchiamo di sintetizzare brevemente per chi non è addentro alla dimensione scolastica: la giornata lavorativa di un insegnante è segnata da un passaggio ora per ora nelle varie classi, in modo da alternare le discipline e potersi incastrare con tutti gli altri colleghi nell’avvicendamento (siamo circa 70, come già detto). Oggettivamente realizzare un “avvicendamento” di 70 persone su 30 classi dislocate in 3 edifici così distanti garantendo puntualità e continuità didattica ci sembra un’impresa impossibile e leggere che tutto questo si traduca, nella visione dell’assessore, nella necessità di affrontare “solo qualche disagio per un superiore obiettivo comune”, ci appare come benzina sul fuoco. Dunque saremmo noi incapaci di gestire “il disagio” o, peggio ancora, a non essere sufficientemente “temprati” per poterlo affrontare? Questa illazione non ci sembra nemmeno degna di risposta, ma è un “sintomo” potente proprio della visione da noi stessi avanzata nel nostro precedente articolo: atteggiamento irrispettoso nei confronti della cultura, delle istituzioni scolastiche e, aggiungiamo, degli insegnanti”.