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Le carceri in Campania sono le peggiori di Italia per sovraffollamento, carenza organici, suicidi e morti per altre cause di detenuti, aggressioni e violenze al personale, rivolte, traffico di droga, diffusione di telefonini.” A darne notizia è Gina Rescigno vice-segretario generale del sindacato di Polizia Penitenziaria S.PP. La situazione: a fine febbraio, nei 15 istituti campani sono detenute 7.480 persone (di cui 366 donne e 9.425 stranieri) a fronte di una disponibilità di 6.169 detenuti. Al sovraffollamento si aggiungono circa 1.300 agenti in meno rispetto a quelli previsti dalle varie piante organiche delle carceri; la carenza più grave riguarda Poggioreale e Secondigliano, dove mancano all’appello circa 500 uomini in divisa. Suicidi: su 28 detenuti dal primo gennaio, 5 sono avvenuti in carceri campane a cui si aggiungono due decessi per “cause ancora da accertare” C’è poi una questione che come sindacato di polizia penitenziaria abbiamo sollevato da tempo e che riguarda l’aumento esponenziale dei decessi per malore improvviso determinatesi tra gli operatori della polizia di Stato (tutti i Corpi) del quale, stranamente, non esistono statistiche ufficiali. Anche nella polizia penitenziaria c’è la stessa tragica situazione. Negli ultimi 13 mesi abbiamo avuto 41 poliziotti penitenziari che sono morti di malore improvviso, con un aumento del 200% rispetto alla media degli anni pre-pandemia, e anche se non esiste una statistica interna o dell’Istat, questi dati ci preoccupano molto come allarmano le famiglie del personale. Tra polizia e polizia penitenziaria i dati mostrano che c’è qualcosa che non va e messi insieme descrivono una situazione molto simile. Nel 2022 abbiamo catalogato 4 suicidi della Polizia penitenziaria, a cui aggiungere il recente tragico gesto dell’agente di polizia penitenziaria, di 55 anni, che si è tolto la vita a Serino (Av). In effetti, il suicidio è così diffuso in queste professioni che il numero di agenti di polizia morti per suicidio è più del triplo rispetto a quelli feriti a morte nell’esercizio delle loro funzioni. Una forte componente è connessa allo stress psico-fisico in moltissimi suicidi. E tra le molteplici cause, emerge proprio lo stress intenso cui gli agenti sono esposti quotidianamente, specie nelle carceri dove il personale nell’ultimo quadrimestre 2023 ha subito 514 aggressioni. In Italia abbiamo delle grandi difficoltà, primo fra tutte non si indaga. Noi abbiamo chiesto di avere chiarezza su queste morti, perché è giusto che venga data una risposta in tempi rapidi, anche perché se si continua così a nascondere sempre il problema, tutte queste morti non avranno mai una risposta. La prima criticità è quella delle aggressioni e delle violenze contro il personale penitenziario. Partiamo dai dati del 2023: oltre 1800 sono state le aggressioni dei detenuti ad appartenenti al Corpo con una media di 5 al giorno; di queste un terzo hanno prodotto prognosi di oltre 8 giorni ma in 150 casi sono state superiori ai 20 giorni. Sempre durante l’anno circa 12mila sono stati gli episodi di resistenza e ingiuria a pubblico ufficiale in carcere; in particolare: oltre 200 in Campania.

Sequestro di sostanze stupefacenti raggiunge quantitativi nei 15 istituti campani che segnano il “primato negativo” in assoluto, insieme ai telefonini e sim ritrovati quasi ogni giorno, in gran parte recapitati attraverso droni. I numerosi casi accertati di capo clan che attraverso il telefonino hanno ordinato crimini (persino omicidi) ed impartito comandi agli uomini del clan fuori, minacciato persone, fatto estorsioni provano, come sosteniamo da tempo, che nelle carceri campane comandano “loro”, i boss e principali affiliati a clan camorristici. Questo anche per effetto della cosiddetta sorveglianza dinamica imposta all’Italia dall’Unione Europea che consiste in quella che il procuratore aggiunto di Catania,Sebastiano Ardita, che è stato per nove anni direttore generale del Dap, chiama “una sorta di autogestione affidata alle élite criminali grazie al regime delle celle aperte, che dà libera circolazione ai detenuti”. Accade che le celle delle carceri italiane restano aperte da 8 a 14 ore al giorno, in tanti casi con un solo agente ad occuparsi per ore e ore sino a 30-40 detenuti.