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Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa a firma di Erminio Fonzo, Gruppo di lavoro sulla toponomastica Anpi del Sannio.

“A Benevento esistono ancora strade e piazze intitolate a personaggi legati al ventennio fascista. Per quanto possa essere problematico cambiare denominazioni entrate nell’uso comune, crediamo sia il caso che la società civile e le istituzioni diano avvio a una riflessione sul tema. Di seguito alcuni cenni sulle principali intitolazioni relative al ventennio fascista.

Viale degli Atlantici

Viale degli Atlantici, già via del Castello, deve il suo nome agli aviatori che nel 1933, a bordo di venticinque idrovolanti, volarono dall’Italia al continente americano. A capo della spedizione era uno dei personaggi più rappresentativi del regime, Italo Balbo, già leader dello squadrismo agrario in Emilia-Romagna e “quadrumviro” della marcia su Roma. Il nome “Atlantici” fu assegnato agli aviatori dalla propaganda fascista, che versò fiumi di inchiostro per celebrare la traversata come la più grande impresa aeronautica di tutti i tempi e come la dimostrazione di una presunta superiorità italiana in materia di aviazione. La traversata fu effettivamente un’impresa degna di nota, soprattutto perché realizzata volando in formazione, ma i termini nei quali fu presentata agli italiani erano del tutto irrealistici.

Anzitutto, la traversata non era stata affatto la più grande impresa aeronautica mai realizzata e Balbo non era certo «il più grande aviatore di tutti i tempi», come era presentato dalla pubblicistica fascista. Basti ricordare che la prima traversata aerea dell’Atlantico fu effettuata nel 1919, quattordici anni prima dell’impresa fascista, da due aviatori inglesi, John Alcock e Arthur Brown, e prima del 1933 diversi altri piloti sorvolarono l’oceano.

Ancora meno fondato era il mito del “primato” degli aviatori fascisti, che fu smentito nel modo più tragico: di fronte alla prova della seconda guerra mondiale, l’aviazione italiana non solo non riuscì a condurre azioni offensive strategicamente rilevanti, ma non fu in grado nemmeno di opporre resistenza agli attacchi contro il territorio nazionale. Gli angloamericani, ai quali il regime aveva dichiarato guerra pensando di ottenere una facile vittoria, poterono bombardare la Penisola quasi indisturbati. La distruzione di tante città italiane, compresa la nostra Benevento, fu la dolorosa dimostrazione dell’infondatezza della propaganda “aviatoria” del fascismo, della quale l’intitolazione della via del Castello agli “Atlantici” è un esempio.

Aggiungiamo che Balbo, pur essendo capace di conservare una certa indipendenza di giudizio nella fase più totalitaria del regime, si macchiò di gravi crimini nel periodo dell’ascesa del fascismo e nel 1923 fu il mandante dell’aggressione mortale al sacerdote Giovanni Minzoni.

Via Clino Ricci

Clino Ricci, nato a Paduli nel 1898, fu uno dei primi fascisti di Benevento. Legionario a Fiume con d’Annunzio e in seguito vicino al “ras di Napoli” Aurelio Padovani, Ricci aderì al fascismo aspettandosi che rinnovasse la scena politica italiana. Nominato segretario provinciale della federazione fascista di Benevento nel 1923, dovette presto scontrarsi con la realtà: il fascismo, invece che “rinnovare”, cooptò nei suoi ranghi la vecchia classe dirigente e continuò a servirsi dei meccanismi clientelari di gestione del potere che Ricci odiava. Alla fine del 1923, il giovane dirigente fu estromesso dalla segreteria della federazione e l’anno successivo morì.

Ricci era un idealista, probabilmente animato da sincero spirito patriottico, ma con il suo operato contribuì a instaurare la dittatura che avrebbe condotto il Paese alla catastrofe.

Via Perasso

Giovan Battista Perasso era il vero nome di Balilla, il giovane genovese protagonista di una vicenda entrata nella leggenda: nel 1746, quando aveva appena undici anni, innescò la ribellione di Genova contro le truppe austriache che occupavano la città, lanciando un sasso contro di loro. La leggenda è difficile da verificare, ma è certo che Perasso entrò nella mitologia nazionale ben prima del periodo fascista (è citato anche nell’Inno di Mameli, alla quarta strofa). Durante il ventennio, il regime si appropriò della figura di Perasso, intitolando al suo nome la principale organizzazione giovanile, l’Opera nazionale Balilla. A Benevento, si scelse di dedicare al giovane genovese la strada tra la Rocca dei Rettori e la nuova Piazza della Rivoluzione (oggi Piazza Risorgimento). Perasso, in realtà, era l’esatto contrario del giovane privo di autonomia di pensiero e disponibile all’obbedienza cieca, che il regime intendeva formare: la sua sassata contro l’autorità costituta – se veramente c’è stata – dimostra che era il prototipo del ribelle.      

Piazza Matteo Renato Donisi

Il caso di Piazza Matteo Renato Donisi è diverso: l’intitolazione della piazza non risale agli anni del fascismo, ma al secondo dopoguerra. Donisi era infatti un uomo per tutte le stagioni: attivo in politica già prima del ventennio, divenne fascista durante il regime e democristiano nel dopoguerra.

Tra il 1924 e il 1928 guidò l’amministrazione comunale di Benevento come sindaco, commissario prefettizio e podestà, fino a quando la prefettura non lo costrinse a dimettersi per le irregolarità nella gestione degli appalti edilizi. Secondo le risultanze di un’inchiesta del Ministero dell’interno – a proposito della quale sono conservati documenti all’Archivio centrale dello Stato – Donisi faceva eseguire lavori pubblici privi di utilità per tornaconto personale. Per questo, nel 1928 fu allontanato dalla vita politica. Tra i lavori che fece eseguire, uno fu particolarmente dannoso: l’abbattimento di Porta Rufina, una delle porte della cinta muraria cinquecentesca, situata nei pressi di Piazza Commestibili. Donisi la fece saltare con la dinamite nel 1927, ordinando di eseguire i lavori di notte per mettere i beneventani di fronte al fatto compiuto. Lo scopo: costruire un nuovo viale per collegare il centro storico alla stazione, parallelo al già esistente viale Principe di Napoli. Di questa strada nessuno avvertiva l’esigenza (non si avverte nemmeno oggi, nonostante l’enorme aumento dei veicoli in circolazione), e infatti non è mai stata costruita. Il danno irreparabile arrecato al patrimonio della città non impedì che nel dopoguerra Donisi si riciclasse nella Dc e fosse candidato come capolista alle elezioni comunali del 1952, né che gli fosse intitolata una piazza del Rione Libertà”.