Lo ha scritto il sindaco-commissario Manfredi nella sua relazione, e in molti lo stanno ripetendo in questi giorni: la colmata di Bagnoli potrebbe pure restare lì. “Una grande arma di distrazione di massa” sostiene Diego Civitillo, ex presidente della municipalità Bagnoli-Fuorigrotta, oggi consigliere di minoranza con Potere al Popolo. “La questione è semplice – spiega -: abbiamo una legge fatta nel lontano ’96, che prevede la rimozione”. E dunque “se vogliamo fare una discussione diversa sulla colmata, dobbiamo abrogare o modificare quella norma”. La colmata è una striscia di 195.000 mq di materiale di risulta, proveniente dall’ex insediamento siderurgico. L’ipotesi alternativa alla rimozione è la messa in sicurezza. Nel progetto originario, Civitillo però non vede “questa enorme problematica”. Dal punto di vista economico costerebbe “150-160 milioni”. Sul totale degli interventi, stimato in 1.2 miliardi, “parliamo del 10% delle risorse necessarie, vedo interventi di bonifica ben più costosi”. Inoltre “se la colmata lasci lì, non significa non spenderci soldi. Bisogna farci tutta una serie di interventi di riqualificazione”. E non sarebbe mica finita. “Soprattutto poi – dice Civitillo – devi andare a rivedere il Praru (Programma di Risanamento Ambientale e di Rigenerazione Urbana, ndr)”. Il perché è presto detto. “Lo strumento urbanistico approvato in cabina di regia – argomenta l’ex presidente – prevede una linea di costa unica di 3 km, da Coroglio a Bagnoli. Se lasci lì la colmata, che si prende 2 km di costa, è evidente che devi cambiare il Praru, perché modifichi la definizione del waterfront”. Questo siccome “il waterfront ha un costo se ci vuoi fare spiaggia e servizi turistici, un altro se vuoi mantenere lì la colmata e ci vuoi fare un’enorme piazza”.
Invece del dilemma colmata, Civitillo è “dell’idea che si debba accelerare, perché si sono persi 30 anni e centinaia di milioni di euro”. E oggi “non è più tempo di mettere sempre tutto in discussione”. Insomma: il commissario di governo “deve andare avanti rispettando gli atti già approvati, a partire dalle leggi degli anni ’90, per finire agli strumenti di rigenerazione urbana varati 3-4 anni fa”. Bagnoli non vuole più aspettare. Oggi l’ex quartiere operaio è un grande punto interrogativo. “Ci sono almeno due generazioni – rammenta Civitillo – che non hanno mai visto lavoro”. Un mondo rovesciato, rispetto al passato. “Abbiamo vissuto nel secolo scorso un quartiere che, tra fabbriche e indotto, dava lavoro a decine di migliaia di persone. Adesso la decima municipalità è diventata la più vecchia di Napoli, perché i giovani o se ne vanno o sono costretti a vivere in una condizione di precariato costante”. L’imperativo è “dare una risposta e una speranza al territorio”. Ma “se continuiamo a parlare di aria fritta – avverte il consigliere – le cose non miglioreranno, anzi peggioreranno”.
Intanto, per l’8 febbraio il ministro Raffaele Fitto ha convocato la cabina di regia per Bagnoli. La prima in 16 mesi di governo Meloni. “Ricordo che negli anni in cui c’ero io – rievoca Civitillo – veniva convocata con regolarità, con i governi più disparati: dal gialloverde, al giallorosso a quello tecnico“. Qualche preoccupazione il consigliere nutre per “la difficoltà di interlocuzione politica”, con un esecutivo di destra. Tutti gli interventi sono ancora da finanziare. “Per esperienza diretta – racconta – so che nel momento in cui vai a recuperare i fondi, ci sono dei tempi tecnici per metterli a disposizione“. Questi “per il 99% sono fondi europei, quindi bisogna fare tutta una parte amministrativa e burocratica”. E i dubbi non si dissolvono. “Se per convocare la cabina di regia ci hanno messo quasi 2 anni, per fare tutto questo ce ne mettono 20?”. La domanda, per ora, resta inevasa.