Prima il taglio del nastro al nuovo ponte Sguazzatoio, nel comune di Angri, poi a palazzo Sant’Agostino per le attività già in calendario come un incontro con una delegazione marocchina. Il presidente della provincia di Salerno, Franco Alfieri oggi è tornato serenamente al lavoro nella stanza perquisita ieri dalla Guardia di Finanza e ha dimostrato nei fatti, dopo averlo scritto in un commento all’inchiesta avviata ieri dalla procura di Salerno per fare luce su una gara d’appalto, di essere sereno.
L’ha confermato anche a microfono nelle interviste con i giornalisti definendo normale l’attività di indagine e dicendosi pronto ad affrontarla con grande tranquillità. Non sono mancati riferimenti al fatto che, anche alle precedenti elezioni al comune di Capaccio, dove si rivoterà a giugno, gli fu notificato un avviso di garanzia. Alfieri parla di un déjà-vu e si rammarica per il fatto che mentre l’avvio di procedure di indagine nei suoi confronti conquistano i primi titoli delle pagine dei giornali, non avviene lo stesso per le archiviazioni ricordando di non essere mai entrato fino ad oggi in un’aula di Tribunale.
Al politico è stato notificato il decreto di perquisizione e sequestro a firma del pm Alessandro Di Vico, eseguito ieri mattina dai finanzieri del Gruppo di Eboli (tenente colonnello Massimo Otranto), in compagnia dei colleghi del Nucleo di polizia economico-finanziaria (colonnello Claudio Molinari) del Comando provinciale (colonnello Oriol De Luca). Sotto indagine anche i salernitani Vittorio De Rosa (classe ’58) e Alfonso D’Auria (’71), il rappresentante legale e l’intermediario della “Dervit” di Roccadaspide, Elvira Alfieri (’37) di Torchiara, parente del sindaco e titolare della “Alfieri impianti”, l’ingegnere paganese Carmine Greco (’63) ed il 26enne agropolese Andrea Campanile, staffista di lungo corso. A carico degli indagati, ad eccezione dell’86enne, s’ipotizza la turbata libertà d’incanti e di scelta del contraente. Ad Alfieri viene contestato di aver favorito in una gara d’appalto del Comune di Capaccio per la pubblica illuminazione la ditta nella quale sono soci la figlia ed altri componenti della sua famiglia.
“Sono sereno e paziente non mi posso consentire distrazioni né inquietudini – ha detto il presidente, rammaricandosi perché l’episodio ha destato preoccupazione nella sua famiglia, in primis la mamma 85enne e la figlia alle prese con un esame – ma io ho scelto di fare politico, ho scelto di fare l’amministratore locale, credo nei valori della costituzione, credo negli organi che sono previsti dalla costituzione e quindi so che possono capitare queste cose e come sapete mi sono capitate anche alle vigilia delle elezioni del 2019 , insomma déjà-vu, ma spero che non passino cinque anni per l’archiviazione perché io credo che l’esito sia questo, perché non ci sono reati commessi, non ci sono fatti da accertare ma soltanto la verità che deve emergere”.
E poi ha aggiunto: “Le procedure sono atti pubblici, pubblicati, sono cose chiare, sono manifesti vicino i muri quindi l’accertamento serve a questo, un’indagine è come quando uno va in laboratorio per sapere se si tira il sangue per sapere il sangue come è ed attualmente sanno tirando il sangue poi vediamo come quali sono i fatti – ha concluso Alfieri, confermando il legame familiare con la ditta finita nell’inchiesta – c’è mia sorella della società, è una società costituita da mio, mia figlia, la figlia di mio fratello , mia sorella e un altro fratello sono nella società e credo che le società e soprattutto chi ha 40 famiglie deve lavorare”.
Il presidente Alfieri sull’inchiesta: “Vivo un deja-vù”
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