In tema di trattenimenti di migranti provenienti da Paesi sicuri “la procedura accelerata” messa in atto dal questore di Ragusa “è stata svolta legittimamente e in modo conforme alla legge“. E’ quanto sostenuto dal Pg di Cassazione davanti Sezioni Unite civili chiamate a vagliare 10 ricorsi del Ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui il tribunale di Catania (giudici Apostolico e Cupri’) non ha convalidato negli scorsi mesi i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo che era stato disposto dal questura in applicazione di quanto disposto dal Governo con il cosiddetto decreto Cutro.
Dovrà essere la Corte di Giustizia europea ad occuparsi della garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo deve versare per evitare di essere trattenuto in un centro alla frontiera in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. E’ quanto ha chiesto il pg della Cassazione, riconoscendo legittimi i trattenimenti dei migranti, davanti alle Sezioni Unite civili chiamate a vagliare 10 ricorsi del Ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui il tribunale di Catania non ha convalidato i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto Cutro.
Nella requisitoria il pg ha spiegato che “non si può trascurare quanto affermato dall’Avvocatura dello Stato circa la situazione di emergenza a Lampedusa, caratterizzata da flussi consistenti e ravvicinati in quella zona e dall’elevato numero delle domande di protezione internazionale così da rendere difficilmente gestibile la trattazione della domanda nel luogo di arrivo”.
Per l’ufficio del procuratore generale, rappresentato in udienza dall’avvocato generale Renato Finocchi Ghersi e dal sostituto procuratore generale Luisa De Renzis, “la peculiare situazione precludeva, con ogni evidenza, ogni possibile accertamento e trattazione della procedura nella stessa zona di arrivo. Del resto, lo stesso giudice di merito non ha accertato in punto di fatto che l’eccezione prevista dalla direttiva citata sia stata utilizzata indebitamente senza che si fosse verificato un flusso di migranti talmente numeroso così da rendere impossibile lo svolgimento della procedura di frontiera a Lampedusa. Né, in proposito, lo stesso richiedente proponeva contestazioni sul fatto che alla frontiera di Lampedusa fosse impossibile trattare la sua domanda di protezione”.
Il pg conclude, quindi, che “non si ravvisano dunque le palesi illegittimità riscontrate nel provvedimento perché, come correttamente indicato dall’Avvocatura dello Stato, nel caso di specie si era comunque al cospetto di una delle condizioni (provenienza da un Paese di origine sicuro) e, del pari, si era in presenza di una delle ipotesi di procedura accelerata consentite”. Per il pg, infine, è un “richiamo improprio” quello fatto dal giudice di Catania della sentenza del 14 maggio 2020 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, “per fondare il contrasto tra la norma nazionale e la direttiva, non consente di pervenire a diversa soluzione”. “La sentenza si riferisce – dice il pg – ad una fattispecie normativa diversa da quella esaminata nel presente giudizio. Questa sentenza, nella parte in cui ha affermato che un richiedente la protezione internazionale non può essere trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, ha deciso il caso del collocamento e della permanenza dei richiedenti presso la zona di transito di Röszke (in Ungheria) dove il trattenimento dei richiedenti asilo ammesso dal diritto dell’Unione Europea, risultava disposto in mancanza di una decisione da cui trarre le motivazioni (di fatto e di diritto) del trattenimento e del previo esame individuale sulle possibili soluzioni alternative alla privazione della libertà personale. Si trattava pertanto di una sorta di trattenimento ex lege completamente diverso dalla situazione qui esaminata”.