Il presunto comitato d’affari, al centro dell’inchiesta sugli appalti a Pozzuoli, si sarebbe riunito anche nella sede romana della Regione Campania. Il dirigente dell’ufficio di rappresentanza dell’ente è infatti Nicola Oddati, nominato dal governatore Vincenzo De Luca (estraneo ai fatti). Il dipendente regionale, storico esponente Pd, è finito in carcere in esecuzione di una misura cautelare. Secondo le indagini di guardia di finanza e squadra mobile di Napoli, “le reiterate riunioni con Musella, Palmucci (coindagati, ndr) e gli altri, finalizzate alla turbativa d’asta (…) sono state sistematicamente svolte nell’ufficio romano di Oddati in via Poli, in teoria destinato al suo incarico istituzionale di rappresentante della regione Campania, ma di fatto adoperato per conciliaboli, raccolte di denaro e altri accordi illeciti“.
A Oddati i pm di Napoli contestano i reati di turbata libertà degli incanti e traffico di influenze illecite, entrambi in concorso. Cadute invece, davanti al gip Antonio Baldassarre, le accuse di associazione a delinquere e rivelazione di segreti d’ufficio. Ma restano dure le valutazioni del giudice per le indagini preliminari. “Non meno significativa – si legge nell’ordinanza – è la vicenda del controllo eseguito dal personale dell’unità cinofila della Polizia di Stato al Commissariato di Roma Trevi, allorché Oddati aveva provato dapprima a occultare la disponibilità dei due pacchi di banconote e poi a giustificarli con delle ragioni palesemente infondate collegate ai suoi ruoli politici e di partito“. Nel vagliare le esigenze cautelari, tuttavia il giudice ricorda che egli non è più dirigente nazionale del Pd, come agli albori dell’inchiesta. Nel partito fino al 2022 – ossia alla discovery dell’indagine con le perquisizioni – Oddati è stato coordinatore delle Agorà Democratiche. In passato è stato invece assessore al comune di Napoli, nella giunta Iervolino. Poi ha tentato due volte il salto alle primarie da sindaco del centrosinistra, a Napoli (poi annullate) e Battipaglia, fallendo sempre l’obiettivo.
Resta “però titolare – sottolinea l’ordinanza – dell’ulteriore mandato rappresentativo della regione Campania a Roma“. Un ruolo ricoperto dal 2021. Circostanza di “indubbio rilievo sul piano delle esigenze cautelari, perché dimostrano un serio rischio che Oddati prosegua in condotte analoghe”. Al politico viene addebitato uno “stabile inserimento nel contesto in cui sono maturati i delitti per cui si procede, espressione di un malinteso modo di vivere la nobile arte della politica e le sue relazioni”. Lo accusano, come altri indagati, di aver ricevuto “doni e prebende”, percepite “come forme di mercimonio della funzione pubblica e politica”. Lo avrebbe fatto “senza nemmeno provare a simulare che fosse egli stesso a pagarle“. Lo svelerebbero “i discorsi spudorati compiuti, ad esempio” con un sarto di Secondigliano, i cui abiti gli avrebbe pagato l’imprenditore Musella. Oppure “l’atteggiamento tenuto con la direzione dell’hotel Terminus (estranea ai fatti, ndr) in cui Oddati soggiornava gratuitamente, per il quale la prenotazione e il pagamento dei conti avvenivano da parte di Flamini su ordine di Musella”.
Tra i regali di cui avrebbe beneficiato, anche la ristrutturazione di un’abitazione a Battipaglia. E poi somme di denaro contante. Il provvedimento parla di un “sistema Musella-Oddati”. Per il gip “la sistematica dazione di denaro e di altre utilità al politico del Pd da parte di Musella” sarebbe stata “funzionale proprio ad assicurarsene la disponibilità in via continuativa e indeterminata”. Ossia collaborare “alla realizzazione di ogni genere di reato contro la pubblica amministrazione funzionale agli scopi affaristici e imprenditoriali di Musella”. Da queste pesanti accuse ora Oddati dovrà difendersi.