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La parola dimensionamento spesso fa rima con ridimensionamento a tutti i livelli, sia nazionale che regionale. In questi mesi abbiamo ascoltato intere comunità educante, cercando di capire quale fosse il male minore nella consapevolezza che dimensionare, checché se ne dica, significa eliminare sedi, ridurre punti di erogazione del servizio, tagliare posti di lavoro, creare disagio agli alunni e alle loro famiglie. Questo dei tagli è un vizio che viene da lontano e riguarda governi sia di sinistra e che di destra. Tutti i politici in campagna elettorale mettono sempre la scuola al centro dei loro programmi. Parlano della scuola come volano determinante per la crescita e lo sviluppo socioeconomico del Paese. Quando sono all’opposizione, si trasformano in ‘anime belle’ e in strenui difensori della scuola pubblica statale, contrastando con tute le energie i tagli camuffate da riforme. Una volta al governo i ruoli si invertono e si fanno scelte che tutelano i singoli e i portatori di interesse”. Lo scrive, in una nota l’esecutivo Federazione Uil Scuola Campania Rua.
L’unica verità è che a farne le spese sono sempre e solo le comunità scolastiche. Nelle scorse ore è stata pubblicato il piano di dimensionamento predisposto dalla Regione Campania.
L’esecutivo regionale della nostra organizzazione, riunitosi ieri 9 gennaio 2024, analizzando quanto deliberato dall’amministrazione regionale, ha rilevato forti criticità su determinate scelte che ha ritenuto inappropriate se non addirittura penalizzando per alcuni territori. In alcuni casi ci si ritrova dinanzi ad accorpamenti a sorpresa di cui non si era mai parlato e/o di fronte a comunità disaggregate e ricomposte su territori non omogenei che, così facendo, sono destinate a perdere la loro identità”, prosegue la nota.
Per favorire alcuni non si è tenuto conto del disagio di tanti altri. Il conto più salato lo pagheranno i territori più disagiati, oppure quelli interni e meno popolosi che invece, poiché più fragili, avrebbero avuto bisogno di maggiore supporto. Lo diciamo da sempre: per una seria politica scolastica si dovrebbe utilizzare l’opportunità che fornisce il calo demografico per poter reinvestire le risorse organiche liberate, oltre che per mantenere l’istituzione scuola sui territori periferici, per eliminare in modo progressivo le classi troppo affollate e la dispersione scolastica. Sarebbe una rivoluzione copernicana così come sarebbe stato altrettanto rivoluzionario coinvolgere nelle decisioni prese tutti gli attori in campo, a partire dai sindaci, dai presidenti delle municipalità, dalle famiglie e dai rappresentanti dei lavoratori. Il piano presentato dalla regione Campania così com’è non ci convince. Confidiamo in un riesame del piano che ascolti le comunità maggiormente penalizzate al fine di tutelare alunni, famiglie e lavoratori”, conclude la nota.