A Castelvenere (fino al 27 gennaio) per la collettiva Cura_MONDO altri due artisti sanniti si confrontano sul tema della cura. Due approcci diversi ma che si collocano entrambi nell’ambito dell’installazione. Parliamo di Vincenzo D’Argenio e Gianmarco Biele.
“I due lavori hanno entrambi una poetica connessione col creato, come metafora dell’esperienza esistenziale” – ci racconta la curatrice Marica Venditti – “in Biele si esprime con un rimando alla vulnerabilità della natura, alla vita imperitura che essa genera anche nell’assenza. La ricostruzione di un processo di assenze e presenze, il calco della foglia nata dall’assenza della pietra riprodotta con la polvere della pietra stessa, l’una necessaria all’altra, è un modo di rinsaldare l’esperienza del vuoto e del pieno come parte di un processo generativo, trasformativo dell’esistenza in sé. Nell’installazione di D’Argenio ciò è ancora più vero: nel rimando all’orbita di un asteroide c’è il percorso di una intera vicenda che da “sasso” scagliato dal destino diventa narrazione e dialogo e testimonianza. Il calco della massa tumorale dell’artista, diviene inizio di una traiettoria luminosa che culminerà in un confronto/dialogo con un testo simbolo di appropriazione della propria esperienza, seppur dolorosa: LA CURA”.
Vincenzo ci racconta così il suo approccio: “Nel mio modus operandi la casualità che si fa portatrice di significato e la collaborazione con persone a me vicine è diventata quasi una pratica. A dieci anni dalla mia prima craniotomia, e dopo una serie di ricerche, ho scoperto che dalla prima decade di luglio 2013 (periodo dell’operazione) alla seconda parte di ottobre, a ridosso del mio compleanno, stava solcando il cielo l’Asteroide 41Daphne. Dafne sarebbe dovuto essere il nome che io e la mia compagna C. avremmo voluto dare alla nostra primogenita, se fosse nata una femmina. Ce lo siamo ripetuti un’infinità di volte, talmente tante che poi… è nato un maschio! Ho studiato l’orbita di 41Daphne riportandola in galleria, definendone i 12 punti che vanno da luglio a ottobre con altrettante luci di posizione per droni. All’inizio della traiettoria il calco del mio tumore cerebrale ricostruito a partire dalla prima risonanza magnetica eseguita nel 2013 e alla fine una copia sottolineata de LA CURA – Salvatore Iaconesi, Oriana Persico (Codice, 2016). Il lavoro è un confronto tra la mia esperienza biografica e quella di Iaconesi attraverso i capitoli da lui scritti nel libro”.
Diverso invece la poetica di Biele, ecco le sue parole: “L’opera, pensata come un dittico, è composta da un disegno e da una scultura. Il disegno è stato realizzato con la tecnica del frottage, a partire dai volumi di una pietra asportata da un giardino. Nello spazio lasciato vuoto dalla pietra, nel corso dei mesi, sono cresciute delle piante spontanee, le cui foglie sono state archiviate attraverso un calco ricavato dalla polvere di quella stessa pietra, frantumata e mescolata a elementi residuali vegetali. In “Tema Fantasma”, l’una materia entra nell’altra, la carta, la grafite, gli elementi organici e quelli inorganici, il pensiero e il metodo proseguono sullo stesso piano, dall’osservazione scaturisce la manipolazione, mantenendo le tracce dei passaggi di stato, in un continuo processo di trasformazione, tra assenza e presenza”.