La ricerca, pubblicata sul ‘Journal of Translational Medicine’, riguarda nuove prospettive terapeutiche per l’adenocarcinoma duttale pancreatico (PDAC). Lo studio è stato coordinato dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e Università Cattolica del Sacro Cuore, con la guida dei ricercatori Carmine Carbone e Antonio Agostini, del gruppo di Oncologia Medica del professore Giampaolo Tortora.
Alla ricerca hanno inoltre partecipato l’Istituto Oncologico di Candiolo (Torino) e l’Università di Verona. Il contributo di Biogem è consistito, essenzialmente, negli studi in vivo sui modelli murini realizzati nello stabulario arianese da Luca Roberto ed Ilaria Guerriero, vincitori di un bando interno per giovani ricercatori.
‘’Il principale obiettivo di questo lavoro – precisa la dottoressa Ilaria Guerriero – è stato identificare nuovi bersagli per terapie non tossiche che migliorino l’efficacia di gemcitabina e nab-paclitaxel (Gem/Txl), attuale trattamento di prima linea del PDAC (adenocarcinoma duttale pancreatico), efficace solo in meno del 30% dei casi, circa la metà dei quali ad elevato rischio di sospensione, a causa della sua elevata tossicità’’. ‘’Nel nostro lavoro – continua la dottoressa Guerriero – abbiamo accertato che il farmaco talniflumato è in grado di inibire GCNT3 sia in vitro sia in vivo in esperimenti su organoidi umani e murini, bloccando l’eccessiva sintesi e glicosilazione di alcune proteine, chiamate mucine. Negli stadi più avanzati della malattia, le mucine formano una barriera fisica che impedisce alle cellule immunitarie di riconoscere quelle tumorali e rende difficile l’efficacia dei chemioterapici’’.
‘’L’aspetto più interessante – chiarisce ancora la ricercatrice di Biogem – è aver dimostrato che, in modelli murini di PDAC, il talniflumato è in grado di migliorare significativamente l’efficacia della terapia Gem/Txl, impedendo la formazione della barriera immunosoppressiva di mucine’’.
‘’Questi risultati – scommette il dottore Luca Roberto – aprono la strada per un nuovo approccio nel trattamento del PDAC, attualmente la terza causa di mortalità correlata al cancro tra gli adulti nei Paesi sviluppati, con una sopravvivenza mediana di pochi mesi e una sopravvivenza a 5 anni inferiore all’8%’’. ‘’Un approccio che – ribadisce lo stesso Roberto – in un futuro non lontano potrà avere un impatto diretto nella pratica clinica’’.