“E‘ un rione che necessità di forte attenzione, ciò che è avvenuto non è solo pura cronaca; esiste un problema sicurezza nella nostra città”. Molto forte l’ammonimento di Michele Martino, referente di Libera, lanciato nel corso dell’iniziativa “Facciamo un Pacco alla camorra”. Il pacco è pieno di frutti delle terre di don Peppe Diana, il parroco ucciso dalla camorra: l’iniziativa si è svolta nel salone parrocchiale della Santissima Addolorata al rione Libertà di Benevento e per l’occasione si è svolto un confronto con le massime autorità della provincia sannita ovvero il Prefetto Carlo Torlontano, il Questore Giorgio Nunzio Trabunella, il Comandante dei Carabinieri Enrico Calandro e il Procuratore Aldo Policastro.
Martino nel presentare il pacco alla camorra ha voluto rievocare la vicenda del colpo di arma da fuoco sparato nei confronti di un esercente commerciale proprio al rione Libertà ma anche ai giovani che vanno in giro con coltelli in tasca mentre si esce la sera: “Ci sono campanelli d’allarme nella nostra provincia che non vanno esasperati ma che non vanno nemmeno sottovalutati. C’è un disagio giovanile. Non può scivolarci addosso”.
Martino ha anche affrontato il tema del beni confiscati e purtroppo c’è da constare che c’è ancora tanto da lavorare. Ad aprire il confronto il parroco dell’Addolorata don Gaetano che ha sottolineato: “il male non deve avere l’ultima parola. I giovani siano sentinelle del mattino per vegliare nella notte. Occorre agire al meglio”.
Poi ha esortato a fare rete e avere sinergia nell’affrontare questioni delicate. Quindi è intervenuto Martino che ha parlato della recente operazione dei Carabinieri in Valle Caudina che ha inflitto un duro colpo al clan Pagnozzi con 23 misure cautelari. Martino ha detto: “Lo Stato deve decidere di esserci. Non è accettabile che in Valle Caudina non ci sia una sede della Guardia di Finanza o la sede di un commissariato di Polizia di Stato. Montesarchio ha bisogno di una presenza forte. Il clan Pagnozzi è camorra, è un clan organizzato, violento, che condiziona non solo la vita sociale. Una ricaduta penetrante quella del metodo mafioso, ciò di cui sono accusati. Occorre un’azione collettiva, una maggior presenza dello Stato. Non dobbiamo aspettare un omicidio eccellente o qualche omicidio per sbaglio per accorgerci che in Valle Caudina c’è la camorra. Non bisogna rincorrere nulla e nessuno”. Poi ha aggiunto: “Le nostre coscienze non devono essere come le nostre luminarie che si illuminano ad intermittenza”. Martino ha infine attaccato sui beni confiscati alla camorra e il loro riutilizzo: “Occorre rimettere al centro questo discorso. Non c’è un grande entusiasmo politico, ma noto una passione civica forte con ragazzi interessati ma non c’è una collettività in grado di coinvolgere il mondo politico”.
Il Procuratore Policastro ha quindi preso la parola e ha sottolineato: “La camorra beneventana può essere divisa in due, quella del capoluogo che bada alle sostanze stupefacenti e quella della provincia dove si parla di gruppi mobili, con alleanze e investimenti”.
Sui beni confiscati, bacchettata da parte di Policastro: “C’è un bel passo da fare, un pezzo di strada da fare. Spero che rapidamente i fondi che sono arrivati siano destinati alla collettività per questi beni. Spero che si realizzi questa idea. Spero che al più presto vengano liberati. Il riutilizzo dei beni confiscati spesso non è nelle priorità della politica”.