A causa dell’inquinamento atmosferico, circa 80.000 cittadini dell’area metropolitana di Napoli sono pronti a portare in tribunale lo Stato e la Regione Campania. Per ora si parla di “dimostrazioni di interesse”, anticamera della causa vera e propria. Sono pervenute al newtork legale di Consulcesi group, che ha lanciato l’operazione “Aria Pulita”, un’azione legale collettiva. Napoli fa parte dei 3.384 comuni italiani candidabili all’iniziativa legale. Per queste aree, la Corte di Giustizia Europea ha accertato le violazioni dell’Italia alla normativa europea sulla qualità dell’aria, in relazione al superamento dei valori limite applicabili alle polveri sottili (PM10) e al biossido di azoto (NO2). In totale, più di 40 milioni di persone sono potenzialmente interessate. E tantissime potrebbero chiedere un risarcimento, per aver respirato aria nociva. Sinora, per “Aria Pulita” si registrano circa 600.000 dimostrazioni di interesse. “Da tutta Italia ce ne sono state tante – spiega Bruno Borin, capo del team legale di Consulcesi -. Dalle manifestazioni si arriva chiaramente alla sottoscrizione e all’adesione, perché bisogna verificarne anche l’eleggibilità“.
Consulcesi ha costruito un pool per verificare gratuitamente se il proprio comune sia in target. Requisito indispensabile è, per le zone coinvolte, la residenza tra 2008 e 2018. Questo è appunto l’arco temporale preso in considerazione dalla Corte di giustizia. “L’azione, di fatto, si fonda su due sentenze della Corte di giustizia europea, che – dice Borin – ha già condannato l’Italia“. In ordine “all’onere probatorio, lo Stato e le Regioni che si costituiranno non potranno dire che non c’è stato uno sforamento o non c’è stata una violazione. Si parte dal presupposto che la violazione c’è stata“. Secondo il legale, “quello che c’è di innovativo all’interno dell’azione sicuramente è il concetto del ‘diritto a vivere in un ambiente salubre’, che si fonda di fatto solo sulla residenza, quindi non su un danno concreto subito“. Tutto ciò perché la circostanza di “aver risieduto per un lungo periodo di tempo all’interno di zone inquinate fa sì che ci siano maggiori possibilità di contrarre malattie in futuro”.
Consulcesi annuncia “numerosi studi scientifici” a sostegno dell’azione. La prima causa “è già partita in Lombardia”. A stretto giro “procederemo a cascata in Piemonte, Veneto, Campania, Lazio e poi sulle altre”. Se verranno confermate le premesse, legioni di cittadini agiranno in giudizio. Per gestirli in contemporanea, anticipa Borin, “tendenzialmente in questa prima fase andremo con azioni collettive da circa 50 persone per ciascun numero di ruolo“. La scelta si giustifica “perché non vorremmo appesantire troppo l’agenda del giudice”. Convenuti potranno essere solo Stato e Regioni, non i Comuni. Al centro dell’iniziativa c’è appunto una violazione sistematica della direttiva comunitaria, “la cui adozione – sottolinea l’avvocato – spetta allo Stato di concerto con le Regioni“. Ma non è tutto. “Uno dei punti più critici della condanna – aggiunge Borin – è che non solo sono stati sfiorati i limiti per il particolato, ma l’Italia non ha posto in essere nessun rimedio programmatico“. La direttiva violata, tra l’altro, era da adottarsi dal giugno 2010.