La capacità di anteporre gli interessi di squadra, o meglio societari, a quelli personali. Nicolò Manfredini ha dimostrato ancora una volta che non serve portare una fascia al braccio per essere un punto di riferimento, un esempio, soprattutto per i più giovani. Sarebbe toccato a lui scendere in campo in Coppa Italia contro il Giugliano, sarebbe stata l’occasione per tornare a giocare a distanza di quasi cinque mesi, chiuso da un totem come Alberto Paleari.
Davanti alla richiesta di Matteo Andreoletti, invece, il 35enne estremo difensore non ha battuto ciglio e ha lasciato il palcoscenico al giovane Alessandro Nunziante, diciannove anni in meno e una carriera ancora da costruire. Nonostante la consapevolezza che di occasioni potrebbero essercene poche quest’anno, a maggior ragione con l’eliminazione dalla Coppa Italia, Manfredini ha accettato di fare un passo indietro, dimostrando, semmai ce ne fosse stato bisogno, di possedere qualità che vanno oltre il rettangolo di gioco.
Il ragazzo originario di Ferrara incarna quelle caratteristiche ricercate da Matteo Andreoletti. Più volte il tecnico bergamasco ha dichiarato di non volere un solo capitano all’interno dello spogliatoio, ma molti di più dei tre indicati (Ciano, Marotta e Paleari). Sono i comportamenti, gli atteggiamenti, quelle qualità umane che elevano un giocatore nel gruppo squadra.
Caratteristiche già evidenziate in passato riferendosi a Manfredini e che lo stesso allenatore bergamasco ha sottolineato ieri sera nella conferenza stampa post partita. “Ha capito la scelta, dimostrando ancora una volta le sue qualità“, ha dichiarato Andreoletti dopo l’eliminazione per mano del Giugliano, chiarendo il perché avesse deciso di promuovere titolare Nunziante: “E’ un patrimonio della società, pensavo fosse la scelta giusta in questo momento“.
L’anno scorso, al termine di un’annata da dimenticare, Manfredini si è fatto comunque trovare pronto, collezionando otto presenze e meritandosi, soprattutto, il rinnovo del contratto per un’altra stagione. L’esperienza nel Sannio, infatti, si sarebbe dovuta concludere a giugno ma la società non se l’è sentita di rinunciare alle qualità del classe 1988. Un premio, un attestato di stima che dimostra, ancora una volta, come non serva una fascia per essere capitani.
Manfredini, il quarto capitano (senza fascia)
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