Diminuire significativamente la popolazione residente nella zona rossa (circa 600mila persone), adottare uno schema di evacuazione progressiva che inizia da una piccola area considerata a maggior rischio, evacuare, almeno temporaneamente, gli edifici localizzati entro 1 chilometro e mezzo dall’area di Solfatara-Agnano, vale a dire nella zona in cui si producono i terremoti maggiori, per verificare l’agibilità e la capacità di resistenza degli edifici ad altre scosse rilevanti.
Sono alcune delle proposte al centro del seminario che si terrà venerdì, 6 ottobre, a Napoli (11:30) nel Circolo Savoia, sul tema “Fenomeni bradisismici dei Campi Flegrei e mitigazione del rischio vulcanico”, organizzato dal R.Y.C.C. Savoia in collaborazione con Rotary International-Club Napoli Est e CNR-IRISS. Dopo i saluti introduttivi dei presidenti organizzatori – Fabrizio Cattaneo della Volta (R.Y.C.C. Savoia), Angelo Coviello (Rotary Club Napoli Est), e di Massimo Clemente (direttore CNR-Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo/IRISS) – parleranno il professor Antonio Coviello, ricercatore/economista del CNR-IRISS e docente universitario ed il professor Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca INGV ed associato CNR-INO.
Al centro dell’analisi la situazione circa il pericolo di un’eventuale eruzione e la proposta di un nuovo piano di evacuazione. “Occorre studiare subito un piano di evacuazione specifico per il rischio flegreo che si prefigura molto complesso, rappresentato dal rischio eruzione” dice Antonio Coviello, che coordina un team di esperti tra vulcanologi dell’INGV, geologi dell’ENEA, urbanisti, giuristi ed economisti del CNR-IRISS, gruppo impegnato da anni in un progetto di ricerca scientifico nello studio dei rischi da calamità naturali. “La soluzione razionale a questo problema, vista la scarsa affidabilità dei metodi di previsione delle eruzioni, specialmente in quest’area dove sono già state fatte in passato due evacuazioni (1970 e 1984) tecnicamente classificabili come ‘falsi allarmi’, è sicuramente quella di diminuire significativamente la popolazione residente nella zona rossa (600.000 persone). Ed, inoltre, adottare uno schema di evacuazione progressiva, che inizia da una piccola area considerata a maggior rischio, per poi allargarsi o restringersi a seconda dell’andamento dei fenomeni potenzialmente precursori di eruzioni. Un’evacuazione repentina e non programmata appare irrealizzabile ed economicamente insostenibile, dal momento che costerebbe oltre 30 miliardi di euro, così come abbiamo calcolato” sostiene l’economista. “Oggi nell’area Flegrea il più grave ed urgente problema è la sismicità, che seguendo il continuo sollevamento del suolo, che a sua volta riflette un progressivo aumento di pressione interna del sistema, sta aumentando, sia in frequenza che in magnitudo massima” gli fa eco il professor De Natale, considerato tra i massimi vulcanologi a livello europeo. “L’unica soluzione immediata per scongiurare tragedie, anche perché gli edifici sono strutturalmente sempre più provati dalle continue scosse, con magnitudo crescente, è evacuare, almeno temporaneamente, gli edifici localizzati entro 1.0-1.5 km dall’area di Solfatara-Agnano, ossia nella zona in cui si producono i terremoti maggiori, per verificarne l’agibilità e la capacità di resistenza ad altre scosse maggiori” propone il vulcanologo. Le conclusioni dei lavori sono affidate al professor Adriano Giannola, presidente SVIMEZ, che ha firmato la prefazione del volume che sarà presentato dal titolo “I rischi catastrofali. Azioni di mitigazione e gestione del rischio” scritto da Antonio Coviello e Renato Somma, pubblicazione che raccoglie i contributi di una decina di studiosi della materia, edito da CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche nella Collana scientifica Studi e ricerche per l’innovazione, diretta dal professore Massimo Clemente.