Una quindicina di donne accompagnate da tre bambini e un asinello hanno ridato vita alla figura della lavandaia: una donna, che in un passato ancora fermo nella memorie di molte signore, si recava al fiume per lavare i suoi panni o quelli delle famiglie che ne richiedevano l’opera, nella forma di un vero e proprio mestiere. Il risultato è un cortometraggio girato nelle settimane di agosto e luglio sulle sponde del Fiume Calore presso il Ponte Appiano e nel borgo di Apice Vecchia, di cui ora l’Archeoclub di Apice, che ne ha curato la produzione, rende pubblico il Trailer, in attesa del cortometraggio che vedrà luce prossimamente.
“Non è soltanto una rievocazione – racconta Michele Intorcia, ideatore – ma un qualcosa che spero possa andare oltre, è una forma di riavvicinamento e riappropriazione di un luogo che in passato brulicava di persone e di bellezza ambientale; ho visto in tutte le donne che hanno partecipato e in quelle che hanno vissuto quei momenti da bambine un richiamo antico e potente, sono la testimonianza vivente del profondo legame che univa le persone al fiume e spero che siano le donne a risvegliarlo”.
La sceneggiatura con i suoi dialoghi e canti del periodo insieme ai costumi sono stati curati e ricercati da Angela Albanese e Antonella Morante: “Il fiume un tempo costituiva una ricchezza per il paese, una risorsa inesauribile, perché produceva benessere economico, sociale, ludico, artistico e sportivo. Altra risorsa economica e sociale era rappresentata dal lavoro svolto nelle acque del fiume, dalla lavandaia, una figura che è stata per moltissimo tempo, parte importante del quotidiano comune della gente. Un tempo in ogni famiglia c’era una lavandaia e il suo compito principale era quello di lavare i panni sporchi del marito e dei figli. Alcune donne poi, per necessità, trasformarono quest’attività in un vero e proprio mestiere, svolto presso le famiglie benestanti e presso famiglie in cui la donna di casa era ammalata e non poteva lavare i panni. Fare il bucato al fiume significava anche socializzare, in effetti il rito del bucato al fiume, era per le donne, anche se faticoso, un momento d’incontro e un luogo di aggregazione femminile, occasione e luogo di litigi e di dicerie, si scambiavano consigli e pettegolezzi, si partecipava alle gioie e alle disgrazie delle une e delle altre, si cantavano canzoni nostalgiche e patriottiche, strambotti ironici e amorosi, si rideva e, spesso, si rifletteva sulla “disgraziata” condizione delle donne. Oltre noi, ricordiamo tutte le protagoniste di questa magica esperienza: Carmela Frusciante, Mariapia Rubino, Ines De Leucio, Grazia Luongo, Filomena Porcelli, Elena Mirra, Ester Zullo, Carmen e Maria Francesca Pignone, Giuseppe, Alessandro e Claudia Mesisca, Grazia e Sara Errico e Raffaella Zullo”.
Per il presidente Alessio Errico dell’Archeoclub di Apice: “Sono molto soddisfatto che l’associazione si sia fatto promotrice di un cortometraggio che racconta quello che era il duro lavoro delle lavandaie. Si tratta di una rievocazione molto originale, un’attività che è ancora impressa nella memoria degli apicesi e non solo. Il tutto è nato come un gioco, ma che ben presto, grazie anche al grande entusiasmo che si è creato nel gruppo delle lavandaie e dalla volontà che di tale rievocazione ne restasse traccia, ne è risultato un vero e proprio filmato”.