Ferragosto, Campania mia non ti conosco. Piange il turismo nella settimana clou dell’estate, con la regione all’88% di occupazione delle strutture, nel ponte agostano. Il sold out, insomma, è una chimera. Secondo i dati del Centro studi turistici di Firenze, la crisi è generalizzata. Peggio della Campania fanno l’Emilia Romagna (78%), con buona pace di suggestioni felliniane da vitelloni, Piemonte e Lazio (82%), Lombardia e Umbria (86%). Magra consolazione. La Campania è sotto la media nazionale (90%).
“Lo avevamo denunciato nel lontano mese di dicembre – dice Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Napoli e Campania – immaginavamo che il caro vita potesse ricadere sui costi dell’altissima stagione, perché da sempre la settimana di Ferragosto è quella che costa il 30%, a volte il 40% in più rispetto alle precedenti e alle successive. Purtroppo le previsioni sono risultate corrette”.
Per Napoli, le stime parlano di un’occupazione all’80%, rispetto alla media italiana – per le città d’arte – dell’82%.
“A Ferragosto Napoli risponde bene perché – argomenta Schiavo – sta incrementando il numero di turisti in maniera eccellente, ma non abbiamo il pienone perché purtroppo gli italiani stanno spendendo poco. E quel poco lo stanno spendendo in luoghi dove si paga pochissimo, come l’Albania, dove il costo di una vacanza è un quarto di quello a Ischia, in Costiera Amalafitana o a Napoli”.
Le cause risiedono nel “nel caro vita, quello che incide nella tasche di famiglie e imprenditori e sta rallentando sia il mercato estero che quello italiano”.
Il presidente di Confesercenti Campania non nasconde “un po’ di dispiacere, ci aspettavamo che il governo potesse mettere mano a queste difficoltà, qualcosa per aiutare famiglie e imprese. Ma non si sono fatti gli interventi che auspicavamo”.
Per Schiavo, siamo di fronte a “una catena che non si è fermata”. “Il petrolio – afferma – ormai costa quasi 2 euro a litro, i prodotti di prima necessità sono aumentati. Lo stesso succede nelle attività commerciali: alberghi, b&b, affittacamere che devono offrire colazione, pranzo e cena sono costretti ad aumentare i prezzi, perché costretti ad acquistare quei beni a prezzi più alti”.
La congiuntura picchia duro in Costiera Amalfitana (89%), fanalino di coda tra le mete marine (media 92%), messa meglio solo della Riviera Romagnola (78%).
“Anche qui in provincia di Salerno la situazione è tutt’altro che ‘caotica’ – spiega Raffaele Esposito, presidente provinciale di Confesercenti e Assoturismo: basta fare una piccola ricerca web sui siti dei vari comuni, almeno quelli principali, in merito alle registrazioni degli alloggiati per capire che quel così tanto atteso pienone non c’è e probabilmente non ci sarà. Non che ci sia nostalgia del caos ovviamente ma è un indicatore della presenza o meno dei così tanto sperati ‘numeri’ che spesso fanno felici amministratori ed attività”.
Confesercenti Salerno registra “quasi ovunque nelle nostre destinazioni provinciali situazioni al di sotto dei numeri registrati durante la pandemia”. Tra le “tante criticità“, secondo Esposito “spicca l’assenza di progetti di marketing territoriali definiti, concisi e condivisi”. Infatti “avanzare la proposta di una vacanza ‘per tutti’ non significa necessariamente non concentrarsi su un target ben preciso magari all’estero e magari in nazioni europee che amano statisticamente la nostra terra”. Consapevoli del quadro nazionale, la Confesercenti salernitana invoca “ragionamenti costruttivi” da “settembre in poi con le imprese al centro”. Ad agosto bisognerà stringere i denti.