Confisca del patrimonio confermata per i tre fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, imprenditori del settore ambientale condannati per traffico illecito di rifiuti e ritenuti tra i responsabili dell’inquinamento dell’area dell’hinterland napoletano ricadente nella cosiddetta Terra dei Fuochi. La Corte d’Appello di Napoli (ottava sezione, collegio presieduto da Rosa Maria Caturano) ha infatti respinto l’istanza presentata dai difensori dei Pellini – gli avvocati Francesco Picca, Stefano Preziosi e Paola Tafuro – che chiedevano di dichiarare l’inefficacia del provvedimento con cui gli stessi giudici di secondo grado avevano confermato a metà giugno la confisca dei beni per un valore di circa 200 milioni di euro disposta in primo grado; un’inefficacia derivante, secondo i legali, dalla violazione del termine perentorio di 18 mesi richiesti dalla legge per emettere un provvedimento di secondo grado.
Nella scorsa udienza del 13 luglio la Procura generale aveva chiesto alla Corte di rigettare le richieste degli avvocati difensori, che avevano invece insistito sul punto. Ora sarà la Corte di Cassazione, cui gli stessi legali di Pellini avevano presentato ricorso subito dopo l’emissione del provvedimento, a dover decidere tanto sull’efficacia della decisione di appello quanto sulla legittimità della confisca. Dalla decisione della Corte emerge che il decreto che ha confermato la confisca di primo grado, e che per i difensori dei Pellini sarebbe inefficace, è stato depositato il 19 giugno 2023; e gli stessi giudici di appello riconoscono che il decreto è stato “depositato dopo la scadenza del termine“, che sarebbe iniziato a decorrere il 15 marzo 2019 (data in cui sono stati depositati i motivi di impugnazione); tenendo conto dei 415 giorni di sospensione, i 18 mesi richiesti dalla legge per emettere il provvedimento di secondo grado sarebbero abbondantemente scaduti. Ma comunque, si legge nella decisione, “la Corte ha esercitato e al tempo stesso esaurito la potestà decisionale in merito al provvedimento ablatorio“, e proprio il ricorso per Cassazione proposto dagli avvocati esclude la possibilità per i giudici di appello di intervenire.
“Nel contesto delineato – si legge nella decisione – non ritiene il collegio di poter valutare le richieste difensive ed emettere distinto provvedimento, considerato che la perdita di efficacia della confisca di primo grado per decorrenza dei termini rappresenta uno dei motivi di ricorso per Cassazione e qualsiasi determinazione della Corte sulla questione andrebbe impropriamente a sovrapporsi al contenuto della decisione adottata con il decreto del 19 giugno 2023 e rischierebbe altresì di configgere con le deliberazioni che sul medesimo ‘thema decidendum’ dovranno essere adottate dalla Corte di Cassazione“.
“Prendiamo atto del provvedimento depositato sulla vicenda dei fratelli Pellini dalla Corte di Appello di Napoli, che nei fatti ha deciso di non decidere” ma “non possiamo però che denunciare la ‘mostrificazione’ dei tre imprenditori e dei loro familiari”. Così gli avvocati Francesco Picca e Paola Tafuro, difensori dei fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, imprenditori del settore ambientale, commentano la decisione con cui la Corte d’Appello di Napoli ha in pratica confermato la confisca del patrimonio dei Pellini, condannati per traffico illecito di rifiuti e ritenuti tra i responsabili dell’inquinamento dell’area dell’hinterland napoletano ricadente nella cosiddetta Terra dei Fuochi.
“Riproporremo – fanno sapere i legali – la questione della perdita di efficacia della confisca, a carico dei Pellini, davanti alla Corte di Cassazione”.
Per i legali dei fratelli Pellini, la “mostrificazione” sarebbe stata portata avanti, in queste settimane, “da alcuni politici e da alcuni organi di stampa, senza che fosse operata alcuna menzione della questione giuridica posta all’ attenzione dell’autorità giudiziaria. Ed invero, era stata sollevata una questione strettamente processuale, che nulla aveva a che fare con la vicenda giudiziaria per la quale i signori Pellini sono stati già giudicati e hanno già espiato per intero la pena. La questione attiene a un principio di garanzia e di civiltà giuridica: ovvero che un provvedimento provvisorio di confisca non possa durare in eterno, ma richiede che si pervenga a un giudizio conclusivo nei tempi fissati dalla legge. E non oltre.
Questa è la questione, che però è divenuta per alcune parti politiche e per alcuni giornali l’occasione per la rappresentazione dei mostri o dei simboli del male assoluto (i fratelli Pellini) da offrire in pasto all’opinione pubblica.
Operazione, quest ultima, certamente contraria alle garanzie minime di uno Stato di diritto. Ma sappiamo bene che oggi, più che del merito delle questioni, viene strumentalmente enfatizzato il simbolismo delle stesse” concludono gli avvocati.
“La conferma della confisca dei beni ai Pellini è una vittoria dello Stato e dei cittadini che hanno fortemente lottato per questo risultato, per niente scontato”.
Lo ha dichiarato il vicepresidente della Camera, Sergio Costa.
“Ora questi soldi vengano utilizzati per il bene della comunità, partendo dalle bonifiche del territorio di Acerra”, ha concluso.