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Il Fagiolo Quarantino di Volturara Irpina è coltivato nei terreni della Piana del Dragone, luogo di piccole leggende e suggestioni paesaggistiche di forte impatto. Prezioso almeno quanto il mitico tesoro alla cui custodia fu posta, per l’appunto, la terrifica figura dell’incendiario mostro alato, si alimenta solo ed esclusivamente dell’umidità e delle risorse idriche del suo ambiente.

Raccolto a mano, essiccato al sole, battuto col “muillo”, setacciato col “chiurnicchio”, tutte operazioni svolte da contadini di vecchia e nuova generazione con dedizione, è un simbolo identitario, un patrimonio culturale che ha rischiato di scomparire, non riuscendo a competere in un mercato condizionato dalla preponderanza del cibo a basso costo.

Nel 2018, Slow Food ha deciso di tutelarlo assegnando il marchio del Presidio, non per relegarlo in una nicchia di cibo di lusso ma per rendere al gustoso legume la giusta riconoscibilità da parte dei consumatori più sensibili che, al di là e oltre il valore intrinseco del prodotto, fanno una scelta di acquisto consapevole nel rispetto anche del lavoro di chi lo produce.

La rete di vendita del Fagiolo Quarantino di Volturara si è sempre basata per lo più sul canale diretto o su qualche intermediario.

Il prezzo era determinato dalla consuetudine ereditata del “tanto al chilo”, ma la questione è sempre stata quella di capire se si trattasse di un corrispettivo giusto e giustamente remunerativo. Ancora qualche giorno fa, quando i produttori, in una delle riunioni periodiche dell’associazione da loro fondata all’epoca della nascita del Presidio, hanno condiviso le preoccupazioni di un caro energia sempre più pressante, dell’aumento dei costi di packaging e altre emergenze comuni agli attori del comparto, non ultima quella del cambiamento climatico.

Non è mai una decisione semplice, quella di aumentare il prezzo di un prodotto, almeno non per una comunità di produttori di un piccolo Presidio Slow Food di un’area montana irpina.

C’è sempre questo riserbo, una specie di timidezza che ha a che fare con la paura di togliere illegittimamente qualcosa al prossimo.

Piuttosto che affrontare la reazione del mercato, la ritrosia ti induce a fare finta di niente e ingoiare il boccone amaro della fatica, qualche volta anche rimpiangendo le tue scelte e quelle della tua famiglia.

Da qui, la decisione di rompere gli indugi e aderire alla proposta di coloro che spingevano verso un nuovo tariffario, che prevede, sostanzialmente, il ritocco del prezzo a 10 Euro per chilogrammo alla rivendita e 12 Euro al cliente privato.

Una cifra, ancora abbastanza lontana dal valore del prodotto, che lancia un primo coraggioso messaggio: attualmente c’è chi vende un prodotto non originale, e c’è chi lo compra, magari nelle buste di quella famosa marca di confezioni per surgelatori, senza etichetta e purtroppo, talvolta, anche della stessa area del Presidio.

Tutto questo deve finire. Una possibile soluzione, condivisa durante l’incontro degli associati, potrebbe essere il conferimento, analogamente a quanto avviene in altri settori, nei quali chi non ha una rete di vendita adeguata o un marchio riconoscibile, affida il prodotto a chi può invece commercializzarlo meglio.

In questo modo non ci sarebbero più vendite ufficiali e vendite di “contrabbando” e il conferitore guadagnerebbe comunque il giusto, evitando di inquinare l’offerta.

Ma noi consumatori siamo pronti a cedere parte del nostro potere d’acquisto appannaggio di un’agricoltura sana pulita e giusta?

Per intanto, siamo edotti del fatto che i produttori del Presidio sono: Società Agricola Castagne Petretta, Agricola Carmine Marra, Agricola Campanaro, Elvira Pisacreta, Agricola La Valle del Drago, La Fattoria dei Marra.

Persone, aziende, attività rispettose della salute dei clienti e anche della loro intelligenza, ormai sempre più consapevoli del valore del loro lavoro e dunque pronti ad accettare la sfida di mercati più esigenti.

Slow Food Avellino APS