Un no che parte dal basso. È stato costituito il coordinamento contro l’autonomia differenziata voluta dal Ministro leghista Calderoli. Fanno parte del sodalizio che si oppone alla riforma che attribuisce oltre venti nuove materie alle Regioni a Statuto ordinario alcune associazioni ed enti di varia estrazione. L’impegno per bloccare la legge del Ministro Calderoli è stato formalizzato nel corso di un incontro svoltosi nel Museo del Sannio.
Secondo i promotori deve esserci la mobilitazione da parte dei sindaci e di conseguenza dei cittadini: sono i sindaci, infatti, che possono rappresentare una via per coinvolgere la comunità contro il Governo Meloni.
Le nuove materie da attribuire alle Regioni, nel frattempo, dovrebbero essere accompagnate dalla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) dei servizi pubblici essenziali quali la sanità e la scuola. Il Coordinamento, però, si oppone a una qualsiasi delega in tal senso allo stesso Governo che non terrebbe conto delle necessità reali del Mezzogiorno.
Presenti, questo pomeriggio, il Pd con la presidente Rosa Razzano e l’esponente Antonella Pepe e il Movimento 5 Stelle con Anna Maria Mollica. C’era, per un saluto istituzionale, anche il sindaco di Benevento Clemente Mastella.
Il territorio sannita è stato il primo, soprattutto nel Mezzogiorno, a esporsi in maniera compatta e contraria alla riforma. Una rete di organizzazioni si è mobilitata per bloccare il progetto governativo di Autonomia differenziata: gli oppositori vogliono puntare a un forte ruolo dello Stato tendente all’equità, attraverso politiche redistributive finalizzate a garantire i diritti sull’intero territorio nazionale.
Dall’Acli all’Anpi, dall’Arci alla Cgil, dal Comitato dell’Acqua Abc a Legambinte, passando per Libera unite per dire no alla proposta Calderoli.
Il referente del coordinamento, l’ex parlamentare Franco Russo, ha sottolineato i motivi di questa forte presa di posizione: “Vogliamo contrastare questo progetto anche perché prevede una norma che attribuisce al Governo la determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi). Non sono di esclusiva competizione dello Stato, non possono essere dei Dpcm a determinare scelte essenziali per la vita dei cittadini. Non c’è report che tenga, al Mezzogiorno negli ultimi decenni non è andato un sostegno finanziario adeguato per i servizi. Ci troviamo di fronte a una asimmetria storica di questo Paese. Il Parlamento ha un ruolo marginale sui livelli essenziali, occorre la partecipazione dei sindaci, devono gestire loro i servizi pubblici e nessun altro“.
Luciano Valle, segretario provinciale Cgil ha spiegato: “Questo deve essere un no territoriale, un no collettivo che vuole rappresentare tutta la provincia. Questo disegno di legge metterebbe in ginocchio il sistema territoriale del welfare della sanità. Il Governo sta accelerando l’iter. Si vuole disegnare un costume che non ci sta bene e dobbiamo contrastarlo”.