In un intervento fiume Oreste Vigorito si è lasciato andare a numerose dichiarazioni sulla stagione che si è conclusa con l’amara retrocessione del Benevento in serie C.
Le parole del presidente giallorosso:
Giornata giallorossa – “Devo confessare che quando l’ho indetta non era per scherzare o fare battute. Pensavo di fare un regalo alle persone, non ho pensato nemmeno per un attimo che in questo modo avrei penalizzato gli abbonati. Mi dispiace e mi scuso se è passato questo messaggio. Dopo che in 17 anni non ho mai fatto qualcosa per speculare, figuriamoci se in un giorno così triste volessi fare qualcosa di simile. E’ stata una settimana triste”.
Il giorno più buio – “Questo giorno ha radici lontane. Qualcuno ha detto che bisogna pensare al futuro, io penso che prima di tutto bisogna pensare a quello che abbiamo combinato tutti e poi capire se ci sia o meno futuro. Non si può pensare al futuro dimenticando il passato. Tutti dobbiamo fare una riflessione sul passato. Qui sembra sempre che tutti sono laureati in diritto sportivo e sanno cosa dovrebbe fare Vigorito. Qualcuno dovrebbe iniziare a chiedersi cosa può fare lui per questa città e per lo sport. Sono cittadino onorario di Benevento, anche io soffro quando si perde qualcosa e non si guadagna. Dalla chiusura di un negozio o di un giornale, così come nel calcio”
Decisione – “Tutti vogliono sapere cosa vuole fare Vigorito, ma non è il momento. La sconfitta a volte abbatte gli uomini, altre volte li distrugge e altre ancora li fortifica. Sono tre ipotesi che possono venire fuori. Dire oggi che andiamo avanti solo per consolarci non va bene. Apprezzo chi mi dice che devo andare avanti, ma apprezzerei ancor di più se qualcuno mi dicesse come andare avanti. Altrimenti si rischia di fare gli stessi errori e di andare dalla C alla D. Se non si scoprono le cause di questa retrocessione, andremo incontro a un’altra delusione”.
Mentalità – “Ho ricevuto tanta solidarietà a livello personale, soprattutto dai giovani che mi hanno chiesto di scattare una foto. La Curva ha scritto oggi ‘oltre la categoria’. Oltre alla categoria bisogna fare il salto di mentalità, noi probabilmente questo salto di mentalità non lo abbiamo fatto. Non escludo nessuno”.
Abbraccio – “Non ho mai pensato di essere invincibile, ho sempre pensato che potevo fare ciò che era nelle mie possibilità. Vorrei abbracciarvi tutti, i tifosi della curva, dei distinti e della tribuna. Abbraccio tutti perché siete stati una parte della mia vita, la mia vita negli ultimi 17 anni. E non so quanto altri ancora ne ho davanti. Posso solo dirvi che le emozioni, i colori, le grida, hanno riempito le mie giornate. Starne senza non sarà facile e starci senza essere convinti sarebbe ancora più difficile“.
Conforto – “Avere persone che ti confortano, che ti stanno vicino, che ti guardano e alle quali sai di poter regalare ancora qualcosa è la base di partenza. Non so quanti avrebbero messo la faccia come faccio io in un momento del genere. Io lo faccio perché dall’altra parte ci siete voi, lo faccio perché ci sono degli amici che hanno voglia di essere solidali con me. Vado via da solo in macchina, ma con voi nei miei pensieri. Poiché Benevento non ha ceduto a nessuno nella storia, non cederà nemmeno stavolta“.
Credito – “C’è una grande differenza dalla prima delusione. L’altra volta erano due anni e mezzo che ero impegnato nel calcio. Nel 2009 quelli che avevano perso la B erano coloro che la perdevano da 90 anni. Oggi a differenza di allora sono io che ho il diritto di chiedere un’apertura di credito a voi perché in 17 anni ho mantenuto sempre le promesse. Quelli che hanno avuto la fortuna di vivere questi anni hanno il dovere di credere che io potrei risorgere un’altra volta, non ho bisogno di fare promesse. Hanno il dovere di crederci e il diritto di dimostrarmi che anche loro vogliono farlo”.
Ricordi – “Dopo la vittoria del campionato di serie C2 (2008 ndr.), un signore da lontano mi disse “Vigorito portaci in Europa”. Dissi che si poteva iniziare a fare il biglietto, avevo tantissimo entusiasmo. Oggi non dobbiamo nasconderci dietro a un dito. Dopo 17 anni di storia ad alto livello nel calcio per una città che non aveva grandi trascorsi, le cose sono diverse”.
Palcoscenici – “Se da imprenditore dovessi dire che Benevento è una piazza che merita palcoscenici diversi, sarei un bugiardo. Quando dovevamo andare in C1 la gente mi chiamava per dirmi che in C1 ci sarebbe stata un’onda giallorossa, cosa che non avvenne. Quando dovevamo andare in B la gente mi diceva che avremmo dovuto costruire un nuovo stadio, perché non ci saremmo entrati. Quando siamo arrivati in A, alla prima campagna abbonamenti abbiamo fatto 4.400 abbonati, forse anche per un fatto economico. A livello personale credo che in nessun’altra città avrei potuto avere il livello di affetto che ho avuto. A livello imprenditoriale devo immaginare che ho aperto un supermarket in un paese in cui la gente va a comprare ancora in salumeria”.
Riflessione – “Devo pensarci, non perché devo guadagnarci. Devo capire se veramente questa città ama il calcio. Non i millecinquecento che vengono a vedere le partite, ma la città. Volere a tutti i costi offrire uno spettacolo, continuare ad andare avanti e poi essere circondato da persone che non amano il calcio non ha senso. Se il quadro è questo è il progetto calcistico che deve essere differente. Non partecipare ai campionati comprando il meglio che c’è sulla piazza. Oggi comprare il migliore per vincere un’altra volta come abbiamo vinto nel passato è una cosa che non mi convince. Ho detto che il calcio per me, con la trasformazione del sistema attuale, che vede 17 o 18 società controllate da fondi internazionali, non è più quello degli Evacuo e dei Castaldo. Questa città è pronta a vedere ragazzi che si fanno onore senza avere un curriculum alle spalle?“
No aspettative – “Qui sono passati i migliori calciatori che potessero passare, quest’anno la squadra era composta da calciatori che messi insieme hanno centinaia di presenze in A. Siamo andati indietro, addirittura in C. Non è solo una questione di mettere soldi. Quando già oggi si scrive sui giornali che sto parlando con i direttori sportivi, si scrivono inesattezze. Si sta già creando una aspettativa che potrebbe essere disattesa. La prima cosa da fare è pensare a come fare il calcio a Benevento. Altrimenti potrei costruire qualcosa che non avrebbe senso o non funzionerebbe”.
Presenze – “Bisogna capire cosa vuole fare la cosiddetta ‘città che conta’. La vicinanza, quella che io volevo quest’anno, è mancata da parte di qualcuno. Quest’anno eravamo partiti con una campagna in cui volevo che la gente stesse con noi perché avevamo bisogno della gente. In questa città il fenomeno è stato che abbiamo fatto 7.800 abbonamenti, 1500 biglietti ogni domenica. Potenzialmente avremmo dovuto essere 8.500 ogni domenica ma non abbiamo superato mai i 4.000. Non venivano nemmeno quelli che hanno fatto gli abbonamenti, se avessi voluto fare una colletta avrei guadagnato di più. Io non volevo i soldi, volevo la gente. Qualcuno deve farsi una domanda: se allo stadio fossimo andati tutti i novemila, i giocatori avrebbero potuto rendere di più? Tutti quelli che hanno fatto l’abbonamento e non sono venuti, si sentono esenti da colpe?”.
Abbonamenti – “Se facessi la campagna abbonamenti quest’anno, la gente verrebbe in serie C? Dicono che io sia un presidente da vecchi tempi, uno passionale, ma mi potete dire la passione con chi dovrei svilupparla? Fino alla partita della promozione in B, io trovavo sempre uno stadio che mi faceva sentire il piacere di essere qui. Sono oltre quattro anni che gli unici striscioni che sono arrivati sono quelli “Vattene via” o “Non ce ne frega niente di andare in D”. Sarà anche la minoranza, ma la maggioranza dov’è? E’ in ferie?. Il rapporto non è tra me e i tifosi che mi amano, ma tra me e lo zoccolo duro che deve capire che in questa città i Vlahovic non arrivano”.
Contraddizioni – “La società non ha ovattato la squadra, la società non c’è stata. Ho fatto un errore enorme, ovvero pensare che le persone a cui avevo dato incarico di sostituirmi in un anno molto difficile della mia vita, potessero farlo. Per il resto non è cambiato nulla, i giocatori che vivono in città sanno più cose di quelle che so io. Ci sono stati allenatori che si sono impegnati a vivere a Benevento ma non lo hanno fatto. Ci siamo trovati con quattro allenatori e abbiamo capito tardi che qualcuno aveva difficoltà ad inserirsi in certi ambienti. Se qualcuno della stampa la smettesse di alimentare false voci, come quella secondo la quale non avrei voluto spendere soldi a gennaio, farebbe bene”.
Coda – “Non l’ho preso perché non è un giocatore affidabile per me. A me non interessa se centra l’incrocio dei pali e fa gol, Coda è un giocatore che rifiutò il rinnovo con il Benevento in una nostra stagione storica per noi, per cui non è affidabile. Era stato messo fuori squadra dal Genoa. Si sarebbe dovuto sentire con il mio ex direttore sportivo. Nacque una trattativa e chiese 800 mila euro e tre anni di contratto. Era un’operazione tra gli 8, 9 milioni di euro. Me lo dissero e dissi di no, perché evidentemente avevano dimenticato quanto mi era costato in passato. Dopo la retrocessione, io ho continuato a pagargli lo stipendio della serie A. Quando lo chiamammo per rinnovare il contratto, gli offrimmo le stesse cifre e lui ci disse di no. A gennaio, capendo che se ne voleva andare, dissi di prendere un altro centravanti e prendemmo Moncini, pagando un altro milione e 800. A giugno Coda, come suo diritto, se ne andò al Lecce a prendere meno di quanto gli offrivamo. Dopo disse di aver sbagliato ad essersene andato, perché non veniva coccolato come qua. A gennaio, su insistenza del direttore e dell’allenatore, dissi di si. Chiamai Zangrillo, mi disse le condizioni, ma poi ci fu il turno infrasettimanale in cui Coda segnò e non ce l’hanno voluto più dare”.
Giocatori – “Abbracciavo con più piacere i giocatori della serie C2 che mi vedevano e si emozionavano, facendo emozionare anche me, piuttosto che i giocatori di serie A che vengono a chiedermi di dargli un milione. Chi ha fatto 300 partite in serie A, il milione deve farselo dire dagli altri, non da me. Da quello che gliele ha fatte fare”.
In sala stampa il presidente Vigorito ha aggiunto altre considerazioni a quelle già espresse in diretta tv.
Sconfitta – Abbiamo perso tutti e il finale non è stato bello. Prima di chiedere se io continuo nel calcio, vi dovete chiedere se io ho ancora le competenze per far parte di questo calcio. Si parte da una sconfitta, ma se tutti pensiamo che la colpa è di Vigorito ma poi vogliamo che Vigorito resti altrimenti scompare il calcio, non ha senso. Il calcio è un posto dove la gente deve gioire, emozionarsi. Se questa emozione non c’è, è inutile che Vigorito rimane.
Direttissima – Quanto successo sulla Direttissima, è un qualcosa che attacca un’intera comunità. Dopo 17 anni in cui vi siete riempiti la pancia, vincendo campionati e altro, vi siete comportati in questa maniera. Abbiamo evitato una strage per merito del mio autista. Quell’atto ha buttato nella merda 17 anni. Dopo quel gesto, qualcuno si è posto la domanda su chi verrà a Benevento in futuro? Adesso Vigorito si dovrà sedere e vedere come fare con giocatori che avete definito pippe, non ritenendoli idonei a progetti futuri o per atteggiamenti passati. Qualcuno dirà che non li dovrò pagare? E poi faremo la fine della Reggina. Alla fine li dovrò pagare lo stesso perché qualcosa di soldi, nonostante questi 17 anni, mi è rimasta. Quello è stato un attacco alla società, non ai calciatori. E’ stato fatto da una minoranza, non so neanche se tifosi o meno, ma la maggioranza dove sta? Vogliamo parlare degli abbonanti? Li ringrazio tutti, ma non era quello l’intento.
Giovani – Abbiamo tanti ragazzi in Nazionale, molti di questi nessuno li conosce. Nunziante me lo hanno chiesto tante squadre e qua nessuno lo ha visto giocare. Ho preso l’Avellola quando c’erano le pecore, l’ho dovuto comprare in mano alla Figc dopo averlo chiesto per anni al Comune. Ho chiesto i campi da rugby e non sono stato capace di averli.