Tempo di lettura: 2 minuti

Sussiste il nesso di causalità tra l’omessa sostituzione delle barriere e l’incidente che causò 40 vittime. Lo ha sostenuto il sostituto procuratore generale di Napoli Stefania Buda, nel corso della requisitoria del processo di appello sulla strage avvenuta sull’A16 dove, la sera del 28 luglio 2013, all’altezza di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino, un bus precipitò dal viadotto Acqualonga.

Il magistrato, al termine della sua discussione, davanti ai giudici della seconda sezione della Corte di Appello di Napoli, ha chiesto la conferma delle pene inflitte in primo grado nel gennaio 2019 agli imputati Gennaro Lametta (titolare dell’azienda che gestiva il bus), Antonietta Ceriola (dipendente della Motorizzazione civile di Napoli), Michele Renzi (dipendente di Aspi), Paolo Berti (direttore di tronco di Aspi), Nicola Spadavecchia (dirigente di Aspi), Bruno Gerardi (dipendente di Aspi), Gianluca De Franceschi (dirigente di Aspi) e Gianni Marrone (dipendente di Aspi). La Procura Generale ha anche chiesto la condanna degli imputati assolti dal Tribunale di Avellino: si tratta del funzionario della Motorizzazione civile Vittorio Saulino, dell’ad di Aspi dell’epoca Giovanni Castellucci, del dg dell’epoca Riccardo Mollo e per i dipendenti Michele Maietta, Massimo Fornaci, Marco Perna e Antonio Sorrentino. Il processo di secondo grado, iniziato il 7 gennaio 2021, è ormai alle battute finali: la prossima udienza è stata fissata per il 18 maggio. (ANSA).