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“La fuga dei cervelli in Italia è una prerogativa più urgente rispetto ad altri paesi. Non solo perché ci sono tanti laureati o persone con altre qualifiche che partono senza più ritornare nel nostro paese, senza dimenticare che non arrivano più gli stranieri. E’ un problema di uscita ma anche di non entrata”. E’ la premessa di Giulia Pastorella,  deputato e vice presidente nazionale di Azione oggi ad Avellino per la presentazione del libro: “Giovani, quale futuro? – Exit only, cosa sbaglia l’Italia sui cervelli i fuga“. Al circolo della stampa presente, Marco Pericolo, referente provinciale dei giovani Azione, il segretario Giovanni Bove, la segretaria cittadina Maria Rusolo, il deputato salernitano Antonio D’Alessio.

“Il libro è stato scritto quasi un anno e mezzo fa, ma i problemi oggi sono più quotidiani – ammette – Nelle scorse ore la maggioranza ha depositato una proposta di legge per far fronte a questo tema, secondo il mio parere un qualcosa che non ha senso mischiando la questione della natalità con quella relativa ai cervelli in fuga. Ripeto, il tema è sempre più attuale“.

“Le dinamiche sono simili di quando ho presentato il libro in altre realtà, mi hanno sottolineato come il prossimo doveva riguardare la fuga dei cervelli dal Sud a Nord, visto che i problemi sono simili: il mercato del lavoro, poca valorizzazione dei giovani, stipendi e soprattutto condizioni precarie. Il governo deve cercare non solo di dare incentivi o bonus fiscali ma dovrebbe capire le cause della partenza – continua Pastorella – Capire il problema di stage o tirocini non retribuiti o welfare states che non funziona, visto che le giovani donne non riescono a conciliare vita lavorativa con quella familiare. Serve risalire alle cause – ammette Pastorella – Non accusando i cervelli in fuga come goccia del declino del paese”.

“Un paese connesso o con più infrastrutture, parlo di connessione fisica: treni e tanti altri mezzi ma anche con quelle digitali in aeree più remote – dice – E’ una precondizioni per trattenere i talenti, chiaro che poi deve esserci un tessuto imprenditoriale che sia pronto ad accoglierli, purtroppo però in Italia c’è una cultura gerontocratica.

L’esperienza passata con il sedere sulla sedia, contano di piu’ di sangue e idee nuove. Il PNRR deve essere sicuramente implementato – conclude – Questo governo però al momento tentenna sulle scadenze. Il mio timore è che questi soldi non vengano spesi o addirittura inutilizzati. Ovviamente va considerata anche la difficoltà di non poter far impresa in Italia. E’ un problema del sistema paese, senza dimenticare il capitolo università e ricerca: lì c’è da piangere”.