Ischia (Na) – Questa mattina è scattata ad Ischia una vasta operazione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli sull’isola d’Ischia condotta anche con l’utilizzo di elicotteri, uomini e mezzi della Polizia di Stato e motovedette della Guardia Costiera.
Dalle prime informazioni pare che l’oggetto delle indagini siano reati ambientali compiuti da una azienda isolana che avrebbe smaltito illegalmente liquami e rifiuti non presso impianti autorizzati ma addirittura in terreni o in mare.
Effettuati diversi sequestri nei confronti di imprenditori isolani di immobili, assegni, denaro contante e veicoli tra i comuni di Barano e Casamicciola.
I dettagli dell’operazione
Tra il 2017 e il 2020 sarebbero oltre 2 milioni i chili di rifiuti liquidi smaltiti illegalmente da due fratelli imprenditori adesso indagati dalla DDA di Napoli per traffico illecito di rifiuti. Secondo quanto emerge dalle indagini si tratta di rifiuti derivanti dallo spurgo delle fosse biologiche e dei pozzetti dove confluiscono gli scarichi delle acque ricche di grassi, principalmente le acque reflue provenienti dalle cucine. La vasta operazione interforze diretta a contrastare lo sversamento illegale, denominata “Clean Island”, è stata condotta stamattina ad Ischia dalla Guardia Costiera e dal commissariato di Polizia di Ischia sotto il coordinamento della Dda di Napoli. Nel mirino due ditte locali che operano nei settori degli espurghi e i loro titolari, due fratelli (per i quali il gip Marcello De Chiara ha negato il divieto di dimora a Ischia) che risultano indagati insieme ad altre due persone. In sostanza l’indagine avviata nel 2020 ha accertato un diffuso malaffare nella pratica degli espurghi sull’isola dove, in diverse zone, non esistono fognature e case ed alberghi si servono di fosse a tenuta stagna in cui vengono conferiti i liquami: le ditte inquisite dopo aver prelevato fanghi e liquami presso abitazioni private o attività commerciali invece di smaltirli legalmente in terraferma presso centri autorizzati li scaricavano illecitamente in alvei pluviali o in pozzi assorbenti realizzati a tale scopo procurando un consistente danno ambientale. In questo modo realizzavano inoltre un ingiusto profitto economico considerato che non dovevano pagare per lo smaltimento in discariche legali e per traghettre gli automezzi, nonostante tali costi fossero invece regolarmente addebitati ai clienti.