Sarà inaugurata Sabato 29 Aprile, nei rinnovati spazi espositivi di CASA TURESE a Vitulano (BN), la personale di Alessandro Bazan, artista palermitano classe 1966, presentata in catalogo da un testo di Lorenzo Canova. Con questa mostra, tra l’altro, la galleria vuole ampliare ulteriormente il proprio percorso sempre legato alla pittura, aprendosi ad un nuovo momento dell’arte italiana, la nuova figurazione. L’allestimento presenta una selezione di opere recenti prodotte prevalentemente nell’ultimo anno.
Come scrive Lorenzo Canova nel testo in catalogo, “Repertorio è una parola ambigua e polisemica, un termine che potrebbe riferirsi a un catalogo di opere d’arte di un genere come il paesaggio o la natura morta, oppure ai manufatti di un preciso contesto temporale
e/o geografico.
Il repertorio, però, può essere anche un insieme di brani musicali o teatrali di un ensemble, di un musicista o di un attore, ma può costituire anche un vero e proprio archivio storico a cui attingere per riscoprire un passato più o meno lontano, come accade, per esempio, con quelle Teche RAI che d’estate ci fanno riscoprire personaggi e spettacoli televisivi che hanno fatto la storia della televisione italiana.
Alessandro Bazan, con raffinata astuzia, ha scelto dunque questa parola “aperta” per intitolare questa mostra che, solo apparentemente, è fatta di opere accostate senza un preciso nesso teorico, ma che in realtà ci presenta in modo eloquente tutta la qualità della sua pittura.
Effettivamente, l’esposizione costituisce un vero e proprio repertorio dell’opera dell’artista e riepiloga molto bene i temi portanti del suo lavoro: i jazzisti, le figure nel paesaggio o negli interni, le immagini più enigmatiche e visionarie.
Tuttavia, il repertorio potrebbe anche essere a quello dei musicisti che imperterriti continuano a suonare nei quadri di Bazan, tra le luci acide delle sale fumose o nelle piane aride di un deserto immaginario, o, anche, quello delle figure che recitano la loro parte nei dialoghi silenziosi delle sue tele.
Tuttavia, quello che si rileva ormai con chiarezza è che Alessandro Bazan va considerato come uno dei maestri dell’arte italiana degli ultimi trent’anni, un pittore che ha creato uno stile e una visione del tutto personali, nella sua ricchezza di riferimenti che dialoga senza subalternità con un contesto internazionale in cui il nostro pittore ha un ruolo importante e preciso.
Questo è testimoniato, peraltro, dall’influenza (più o meno riconosciuta, ma evidente) che i quadri di Bazan hanno su molti artisti delle ultime generazioni che si servono della pittura, un medium che oggi ha ritrovato attenzioni e consensi globali, come, del resto accade in modo ciclico e inevitabile.
Bazan, peraltro, è uno dei protagonisti di quel felice momento che, tra la metà degli anni Novanta e il primo decennio del Duemila, ha visto un’intensa fioritura e un forte rinnovamento della pittura in Italia e, non va dimenticato, uno dei componenti di quella Scuola di Palermo che annovera altri importanti autori come Francesco De Grandi e Fulvio Di Piazza, che da molti anni dipingono opere di grande potenza, e come Andrea Di Marco, un altro grande artista, scomparso troppo presto, ma ancora in grado di ispirare le giovani
generazioni.
Questi artisti, oltretutto, hanno il grande merito di avere condotto una ricerca rigorosa e ostinata sulla qualità della pittura e sul loro apparato iconografico, elaborato su una severa forza di rappresentazione che rende primaria la loro posizione nel contesto storico degli ultimi decenni.
In questa situazione, Bazan eccelle in modo indiscutibile e il suo lavoro si rinnova costantemente, pur mantenendo saldi i suoi elementi portanti, grazie alla sua abilità nell’immaginare il dipinto e di dargli poi forma visibile sul supporto.
I quadri dell’artista hanno quindi il pregio di essere fondati su un’impeccabile struttura disegnativa e di essere animati da una vibrante stesura pittorica, in un legame inestricabile che si anima grazie alla sua capacità di giocare con le luci naturali e artificiali, con i riflessi di una televisione in un salone o con il cielo arancione e viola di uno scenario da film western, dove compaiono un Gringo azzimato o Pocahontas sul greto di un fiume della Virginia.
Il grande fascino dei quadri di Bazan è dovuto inoltre a un talento che lega l’esattezza a una (falsa?) rapidità; a una pennellata vibrante scandita però con una meticolosa sintesi delle inquadrature e con una meditata scelta di tutti gli elementi che formano dipinti dove spesso si avverte il registro colto dell’ironia.
Bazan si serve di poche pennellate, che si presentano come veloci nella loro esecuzione, ma attentamente calcolate nella loro progettualità, in tessiture dove il divenire del mondo sembra cristallizzato nell’incastro dei tasselli cromatici.
In tal senso, Bazan ha indubitabilmente le doti di un grande creatore di immagini e dialoga con efficacia con il cinema, i fumetti, le illustrazioni e le graphic novel, restando sempre e comunque un pittore che si confronta con un’incisiva dimensione scenica.
Il movimento e la musica potrebbero essere pertanto visti come due poli ipotetici intorno ai quali ruotano molte opere dell’artista, due elementi che la pittura può soltanto alludere, ma che Bazan riesce a farci percepire tra le pieghe del visibile, formando e riformando l’inesauribile, proteiforme varietà del suo repertorio pittorico. Non a caso, negli ultimi anni l’artista ha dato vita a un progetto innovativo in cui i suoi quadri diventano l’ambiente immersivo in cui viene eseguita della musica sinfonica, rinnovando in modo intelligente la linea di ricerca legata alla dimensione sinestetica delle arti.
Bazan sembra quindi lasciare libera la sua visione fantastica ricomponendo ogni volta un nuovo mondo con le sue attrazioni magnetiche e il mistero dei suoi intrecci.
Talvolta si può credere che, in alcune opere, sia presente un elemento onirico, ma l’universo del pittore si dirige più che altro sul versante di una visionarietà controllata in cui libera la sua mano facendola scorrere sui binari di costruzioni figurative che nascondono la loro complessità dietro le sembianze della loro sintesi visiva.
In questo modo i miti si incrociano e si contaminano, il tempo si fa circolare e le età si fondono nella dimensione sincronica della pittura: Nausicaa e le Menadi diventano così le splendide donne africane che danzano nella foresta o si bagnano in acque verdi al tramonto, forse sulla stessa spiaggia dove passeggia Luigi Pirandello; Icaro vola su un surf librato sui grattacieli e Fetonte si trasforma nel Guido in giacca e cravatta che precipita sulle strade di una città deserta.
Sospeso in queste intersezioni, Bazan ci invita così a percorrere il labirinto delle sue infinite vite parallele, apre porte sugli interni dove si rivelano fatti segreti, ci rende complici di crimini e testimoni di fatti violenti, ci lancia tra i manifestanti che protestano, spalanca finestre sui fuochi accesi da ignoti esploratori, in un vorticoso repertorio di immagini che continua a regalarci il fascino archetipo di una pittura che non smette di proporci i suoi enigmi vari, celati nei meandri metamorfici delle nostre molte e possibili realtà.”
La galleria pubblica un catalogo con un testo critico del curatore Lorenzo Canova, professore associato di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi del Molise.
Profilo biografico dell’artista
Alessandro Bazan nasce a Palermo il 21 Febbraio 1966, vive e lavora a Palermo; dopo il diploma presso l’Accademia di belle arti di Urbino nel 1987 quasi subito sceglie di dedicarsi completamente alla pittura muovendosi autonomamente tra pubblico e galleristi, fino ad ottenere il primo spazio per esporre presso la galleria “La Robinia” a Palermo. La sua pittura ha avuto, fin dagli inizi, una formula veloce e popolare, in grado di raggiungere qualunque strato sociale.
Pittore figurativo, esponente e capofila dagli anni ’90 della cosiddetta “Scuola di Palermo”, è tra i primi pittori siciliani, insieme a Fulvio Di Piazza, Andrea Di Marco e Francesco De Grandi, a riscoprire la pittura di Guttuso, reinterpretandola e mescolandola con riferimenti alla cultura pop e cinematografica.
Nel 2005 si tiene l’antologica Jazz Paintings nel Palazzo della Penna a Perugia, con catalogo edito da Skira a cura di Luca Beatrice, nel 2012 espone alla Galleria d’arte moderna di Palermo, con la personale Moderna.
Partecipa alle Quadriennali di Roma del 1999 e del 2008. Sue opere fanno parte della permanente del Museo di Arte Contemporanea di Palermo a Palazzo Riso. Ha partecipato ad una serie di mostre personali e collettive nelle migliori gallerie italiane, é stato incluso nella
lista degli artisti scelti dalla Farnesina per rappresentare l’arte contemporanea italiana.
È docente di Fenomenologia del corpo, Elementi di morfologia e dinamiche della forma, Anatomia dell’immagine, Anatomia artistica e Disegno per la scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Di lui hanno scritto tra gli altri: Luca Beatrice, Marco Senaldi, Lorenzo Canova, Gianni Romano, Beatrice Buscaroli, Gianna Di Piazza, Gianluca Marziani, Raffaele Gavarro, Alessandro Riva, Sergio Troisi, Alessandro Pinto, Maurizio Sciaccaluga.