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Si va dalla riqualificazione di interi quartieri, come Scampia e Taverna del Ferro alla rigenerazione di luoghi simbolo come l’Albergo dei Poveri, dalle linee 1 e 6 della metropolitana di Napoli fino ad un impianto per il recupero dei pannolini. Ma la scadenza al 2026 per la spesa degli 11 miliardi totali per molti Comuni è già un incubo.

Superati gli scogli degli stadi di Venezia e Firenze, i contatti tra Roma e Bruxelles sui 19 miliardi della terza tranche del Pnrr vanno avanti, con l’obiettivo di chiudere probabilmente entro i primi giorni di marzo. Dalla Commissione non trapelano commenti, piuttosto un’attestazione dello stato dell’arte delle trattative, che sembrano effettivamente ormai a buon punto.

“I lavori sulla valutazione della terza richiesta di pagamento dell’Italia sono in corso e i nostri servizi sono in stretto contatto con le autorità italiane“, ha fatto sapere un portavoce, ricordando semplicemente come il via libera alla terza tranche sia soggetto al raggiungimento da parte italiana di “tappe e obiettivi pertinenti“.
Al di là del Bosco e del Franchi però, le Regioni, i Comuni e i soggetti attuatori stanno portando avanti – a velocità differenziata – i propri progetti, anche in vista della quarta rata su cui il governo vuole imprimere un’accelerazione immediata per evitare, stavolta, ostacoli dell’ultimo momento.
Le amministrazioni non stanno perdendo tempo ma per alcuni progetti, dall’edilizia scolastica alla sanità, stanno anche prendendo progressivamente coscienza di oggettive difficoltà.

Qualche difficoltà invece in Campania, destinataria complessivamente di 11 miliardi, e dove i Comuni guardano con timore alla scadenza del 2026. 

I progetti più a rischio – come ricordato più volte da Anci Campania nelle sue interlocuzioni col Governo – riguardano soprattutto quelli legati all’edilizia scolastica e alla rigenerazione urbana.
Molti comuni hanno chiesto proroghe al Ministero dell’Istruzione perché hanno difficoltà nell’aggiudicare i lavori. Negli ultimi sette anni – spiegano – il personale è dimezzato e non c’è stato turn over. E se manca il personale per seguire le procedure diventa complicato anche mettere sotto contratto le imprese.
Per quanto riguarda i progetti Napoli fa la parte del leone: dall’Albergo dei Poveri alla riqualificazione delle periferie più degradate come Scampia e Taverna del Ferro. La parola d’ordine è riqualificazione urbana ma non mancano altri filoni: si va dal rafforzamento del sistema trasporti, con l’acquisto di nuovi bus elettrici, ai fondi per la linea 1 e la linea 6 della metropolitana con l’acquisto di nuovi treni, fino alle spese per la progettazione e la digitalizzazione, per chiudere con le piste ciclabili. Il progetto più ambizioso resta la riqualificazione dell’Albergo dei Poveri, un intervento da 115 milioni. Seguono i piani urbani integrati che nel Comune di Napoli prevedono interventi di rigenerazione urbana da 70 milioni per Scampia e da 50 milioni per Taverna del Ferro. Tutti progetti acquisiti sui quali la filiera istituzionale è al lavoro: obiettivo aprire i primi cantieri nel secondo semestre del 2023. Stesso discorso per i progetti della città metropolitana dove si prevede un piano urbano integrato da 350 milioni per interventi di rigenerazione urbana in vari comuni dell’hinterland.
A Caserta sono stati messi a terra progetti per circa 75 milioni, di cui 20 destinati alla rigenerazione urbana di 17 siti. Da segnalare anche il progetto Pinqua, per la riqualificazione del popoloso quartiere Acquaviva che fa 20mila abitanti, la riqualificazione di scuole e palestre per 20 milioni, i 10 milioni per un impianto green di recupero dei pannolini. A seguire 4 milioni di euro per le piste ciclabili, 1,5 per la transizione digitale e 4 destinati a disabilità e nuove povertà.
Punta forte sulle risorse del Pnrr anche la provincia di Salerno: in cantiere il completamento del collegamento Salerno Arechi-Aeroporto per 60milioni, il dragaggio del porto commerciale di Salerno e del canale di ingresso, per 40 milioni, e il prolungamento del molo Manfredi per 15.
A Benevento si punta sulla stazione Centrale-Hub dell’Alta Capacità (investimento da 30 milioni di euro); sulla rete degli asili nido (39 milioni per 32 progetti di sicurezza scolastica) e sulla edilizia scolastica (15 milioni di euro per la ricostruzione di un solo edificio).
C’è poi il capitolo della digitalizzazione della Pa: su 550 comuni della Campania quasi tutti si sono registrati sulla piattaforma PA digitale 2026, e 547 hanno almeno una candidatura finanziata. Sull’efficienza energetica, tanti i comuni della Campania che hanno fatto richiesta. In Provincia di Napoli concessi 9,2 milioni all’anno per i bandi finanziati fino al 2024, in provincia di Salerno andranno oltre 10 milioni all’anno, 6,5 milioni in provincia di Avellino, 4,2 milioni in provincia di Benevento e 7,4 milioni all’anno per rigenerare i comuni del Casertano.
Le principali difficoltà sono dovute alla complessità delle procedure; alla scarsa funzionalità della piattaforma ReGis del Mef; alla mancanza di un fondo di rotazione: molti comuni della Campania con le casse vuote non possono anticipare soldi alle ditte (il Pnrr mette a disposizione solo il 10%); al turn over del personale comunale che ha dimezzato gli addetti (Comuni come Caserta sono passati negli ultimi sette anni da 539 a 249 dipendenti, i dirigenti da 8 a 2). E il personale under 40 nei Comuni della Campania è pari solo al 4,8%. I nuovi concorsi per assumere giovani laureati per i progetti Pnrr – infine – non sono stati coperti al 70% perché i giovani laureati non accettano contratti con scadenza 2026 retribuiti con 1300-1400 euro netti al mese.