Santa Maria Capua Vetere (Ce) – Un detenuto si è suicidato poco dopo la mezzanotte nel carcere di Santa Maria Capua Vetere legandosi alle inferriate della finestra della cella ove si trovava ristretto, a nulla sono valsi i soccorsi della Polizia penitenziaria e dei sanitari. Da quanto si apprende, si tratterebbe di un ristretto del circuito ad “alta sicurezza”. Lo rende noto Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria.
“Si tratta del 15esimo suicidio di un detenuto nel corso dell’anno (84 nel 2022), cui aggiungere un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che qualche settimana fa si è tolto la vita sempre in Campania, in quella che continua a presentarsi come una vera e propria carneficina tanto da far pensare a una ‘pena di morte’ di fatto”, aggiunge il segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria.
Per il sindacalista “sovraffollamento detentivo, deficienze organizzative, strumentazioni e tecnologie inadeguate e organici carenti per tutte le figure professionali, solo alla Polizia penitenziaria mancano 18mila unità, non consentono oggettivamente neppure di mirare al perseguimento degli obiettivi indicati dall’art. 27 della Carta costituzionale e, soprattutto, mettono a repentaglio la sicurezza di reclusi e operatori. Servono misure emergenziali e parallele riforme strutturali che reingegnerizzino l’architettura dell’esecuzione penale e, in particolare, quella carceraria. L’introduzione dei medici del Corpo di polizia penitenziaria appena approvata dal Governo con il decreto Pa è un ottimo passo in avanti”.
“Ora bisogna concretizzarlo e accelerare su tutto il resto, nella direzione peraltro annunciata anche dal sottosegretario al Ministero della Giustizia, con delega al Dap, Andrea Delmastro delle Vedove”, conclude De Fazio.
Sul tragico episodio, così il Garante campano delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello: “Questo è il primo suicidio in Campania dall’inizio dell’anno, il quindicesimo in Italia. Il bilancio del 2022 è stato allarmante: 8 suicidi nella nostra regione, che fanno il paio con gli 84 avvenuti nel resto del Paese. Davanti a numeri di questo tipo non si può rimanere inermi: di carcere e per il carcere non si può continuare a morire. Dietro la morte di ognuno di loro c’è una storia di disagio, di solitudine, di abbandono. Se è vero che il suicidio è un gesto estremo imprevedibile, è altrettanto vero che ci sono dei segnali “sentinella”, che dovrebbero indurre tutti noi a prestare attenzione e aiuto a queste persone. Molti di loro vivono la detenzione da soli, senza la vicinanza degli affetti e questo rende il loro percorso di espiazione della pena molto più complesso e difficile. Non a caso, il folle gesto avviene prevalentemente all’ingresso in carcere o a pochi mesi dalla loro scarcerazione“.