Sistema aeroportuale campano, Gesac sbarra la strada al recupero dello scalo di Grazzanise. L’ennesimo altolà a quanti sperano di riaprire spiragli all’aeroporto casertano. Tra i primi, il comitato napoletano No Fly Zone, che da anni denuncia disagi causati da Capodichino: inquinamento acustico e atmosferico, voli a bassa quota in piena città.
Le associazioni invocano un ripensamento su Grazzanise, per dare respiro all’aeroporto di Napoli, ormai saturo coi suoi 11 milioni di passeggeri l’anno. E nutrono dubbi sul sito di Salerno-Pontecagnano – apertura prevista nel 2024, gestito da Gesac -, quanto a capacità di assorbirne il traffico aereo. Ma la società di gestione non sente ragioni. Il 13 marzo scorso, infatti, la commissione regionale Trasporti ha audito Michele Miedico, direttore ambiente, pianificazione e progetto Salerno d Gesac. Secondo lui, diversi motivi impedirebbero lo sviluppo dell’hub in Terra di Lavoro. “Il primo è ovviamente il fatto che l’aeroporto di Grazzanise – afferma Miedico – è un aeroporto militare che non può essere chiuso, perché è l’unico aeroporto militare a sud di Roma che difende la capitale e, allo stesso modo, non può essere utilizzato per il volo di aviazione civile, per le stringenti normative Easa (l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, ndr): per citarne una, la pista non ha le giuste distanze rispetto”.
Ci sarebbe poi il piano della sostenibilità economica. “Per poter costruire un nuovo aeroporto a Grazzanise – dice il dirigente Gesac – c’è necessità di acquisire almeno 500 ettari di area. Giusto per fare un paragone, quelli necessari all’aeroporto di Salerno sono 40, stiamo parlando di uno a dieci”. Inoltre, “le analisi fatte in termini economici per la realizzazione dell’aeroporto di Grazzanise, stimate nel 2008 e aggiornate al 2011 parlano di quasi 1 miliardo e mezzo di euro”. E per la cifra, “con i vari aggiornamenti tariffari che ci sono stati recentemente, proprio per il caro materiale, si parla sostanzialmente di quasi un raddoppio”. Ad affossare il progetto Grazzanise, anche “la spietata concorrenza che avrebbe su Roma, che è un aeroporto intercontinentale molto prossimo e che non darebbe, sostanzialmente, alcuna speranza di poter raggiungere quella massa critica di passeggeri che invece attiene la coppia Napoli Salerno”.
Napoli e Salerno, distanti 70 chilometri, per Gesac “riescono a garantire quei livelli di traffico necessari alla piena sostenibilità economica”. Un tempo si pensava tutt’altro. Un vecchio studio di Nomisma – società di consulenza fondata anche da Romano Prodi – certificava che “il sito di Grazzanise ha dimostrato di possedere le potenzialità per accogliere il nuovo aeroporto civile, e gli sviluppi della pista tali da garantire l’atterraggio di qualsiasi aeromobile nonché di quelli appartenenti alla classe dei mega aerei”. Nel 2008, il governo Berlusconi autorizzò la piena apertura al traffico civile. E nel luglio del 2010, lo inserì tra i 14 aeroporti strategici per il Paese. Ma nel giro di tre anni avvenne il ribaltone. Nel 2013, durante il governo Monti, Grazzanise fu eliminato dagli hub dell’aviazione civile. Nell’elenco c’erano solo Capodichino e Pontecagnano. La decisione scatenò proteste. Il sindaco di Grazzanise, Pietro Parente, a nome dei primi cittadini del territorio, ricordò: “Quest’opera potrà portare occupazione ed evitare così che i nostri giovani vadano alla ricerca di lavoro fuori”. Ma lo stop a Grazzanise fu confermato dai successivi governi. E con la Regione a guida De Luca, Salerno-Pontecagnano l’ha scalzato del tutto.