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Napoli – Nelle due telefonate effettuate quando aveva finito di sparare, Vincenzo Palumbo, l’autotrasportatore accusato del duplice omicidio volontario di Giuseppe Fusella e Tullio Pagliaro, avvenuto la notte tra il 28 e 29 ottobre a Ercolano (Napoli), si sarebbe tradito: l’uomo ha sempre sostenuto che i ladri gli erano entrati in casa, mentre parlando con le forze dell’ordine ha più volte dichiarato “ci sono i ladri fuori casa” e ancora “mi sono trovato due-tre ladri fuori casa… ho sparato un paio di colpi…”. A sostenerlo oggi durante l’udienza in corso a Napoli davanti ai giudici della prima Corte di Assise (presidente Teresa Annunziata) è stato l’avvocato Gennaro Bartolino, legale della famiglia Fusella.
Non chiede mai scusa alle vittime – ha aggiunto Bartolino – non ha mai pronunciato questa parola”, Giuseppe e Tullio, aggiunge “erano due fiori recisi, non dalla falce o dall’aratro ma dalle pallottole. E sono quelle che parlano, e ci dicono che l’imputato ha sparato per uccidere, i suoi erano colpi mirati”.
Per corroborare la tesi secondo la quale Palumbo avrebbe fatto fuoco per ammazzare, Bartolino evidenzia tre punti: vi erano dei lampioni nei pressi dell’abitazione dell’imputato; la Panda aveva i fari accesi e le luci del terrazzo di casa sua le aveva accese prima di uscire sull’uscio armato di pistola. Inoltre le condizioni meteo quella notte erano ottimali, quindi la visibilità era perfetta e chiunque, con le sue doti di abile tiratore, se avesse voluto intimidire eventuali ladri, non avrebbe potuto commettere errori sparando.
Inoltre la distanza tra l’auto e colui che ha sparato era piuttosto ravvicinata: in sostanza per un tiratore esperto come Palumbo era veramente impossibile sbagliare il bersaglio. Eppure ha colpito più volte l’auto, ben sei, uccidendo prima Giuseppe che è alla guida e poi Tullio. “Non è un errore, non è una aberratio ictus”, ha evidenziato l’avvocato. La madre di Fusella, Immacolata Esposito, a questo punto, non ha potuto trattenere le lacrime, presa dallo sconforto ha abbandonato l’aula in preda al dolore.