Sarebbero coinvolte in una truffa al Mibact, in particolare riguardante il bonus cultura 18app, le 9 persone indagate della Procura di Napoli alle quali, stamattina, la Guardia di Finanza di Napoli ha notificato altrettante misure cautelari. I finanzieri, che stanno eseguendo sequestri e perquisizioni a Ercolano, in provincia di Napoli, sono stati incaricati dal Gip di notificare tre arresti in carcere, tre arresti ai domiciliari, e quattro obblighi di dimora.
Sono quasi 6mila, precisamente 5.852, tra il 2017 e il 2019, i neo-diciottenni che attraverso gli indagati, alcuni dei quali titolari di una libreria di Ercolano (Napoli), avrebbero monetizzato, secondo gli inquirenti, il loro bonus cultura procurando un danno economico al Mibact quantizzato in 2.850.000 euro. Alle nove persone destinatarie di altrettanti misure cautelari, alcune delle quali gestori, appunto, di una libreria di Ercolano (Napoli), la Procura di Napoli contesta a vario titolo, e tra l’altro, l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa. In quella libreria secondo gli investigatori, venivano convocati, attraverso degli intermediari e procacciatori, i diciottenni beneficiari dei bonus cultura, per la monetizzazione del beneficio dietro compenso, simulando la vendita di libri. Complessivamente sono dodici gli indagati, molti giovanissimi, tra cui figurano, appunto intermediari e procacciatori i quali dopo avere individuato i 18enni attraverso le banche dati, li contattavano per indurli a convertire il buono in denaro. L’individuazione attraverso le banche dati avveniva grazie a Caf e altre strutture compiacenti. Il meccanismo truffaldino era semplice: simulare la vendita dei libri e l’effettuazione di altre prestazioni culturali inserendo nel sistema informatico del Mibact gli estremi e i codici dei ‘buoni cultura‘ con in allegato la falsa dichiarazione della vendita di libri e di altri servizi culturali contemplati. Per il servizio offerto veniva però trattenuta una percentuale erogata con la ricarica di carte di credito prepagate. Infine venivano richiesti dagli indagati i rimborsi integrali dei benefici al Mibact.