Il tempo sembra essersi fermato all’ombra della Dormiente. Il mese di gennaio vissuto in trepidante attesa dai tifosi del Benevento, ha ricordato l’agosto scorso. A cambiare è stato solo il finale, passando dalla nevrosi di ingaggiare giocatori a tutti i costi, all’immobilismo più assoluto. Tre operazioni portate a termine, ignorando i segnali forniti dal campionato e, soprattutto, le indicazioni di Fabio Cannavaro, a fronte di due cessioni di non poco conto (Masciangelo e Forte). Il (non) mercato della Strega, insomma, può essere racchiuso in un unico aggettivo: deludente.
Fino all’ultimo si è sperato che Pasquale Foggia potesse estrarre il classico coniglio dal cilindro, invece la rosa giallorossa rimarrà composta da tanti brutti anatroccoli che, si spera, possano riscoprirsi improvvisamente cigni e centrare la salvezza. Si, perché lo spettro della serie C aleggia come un avvoltoio sul “Ciro Vigorito” e l’inspiegabile mese di gennaio appena trascorso giustifica i brividi lungo la schiena avvertiti da molti.
Qualche spiegazione dovrebbe darla lo stesso direttore sportivo, il quale soltanto lo scorso 14 giugno, nel giorno della ripartenza con Fabio Caserta, prometteva una maggiore comunicazione e una presenza più assidua in sala stampa. Promessa disattesa, come il mercato del resto. “Giocatori pronti” era stato il motto sbandierato, salvo poi ripiegare su Pettinari che di partite da titolare con la Ternana ne aveva disputate appena cinque, sul redivivo Tosca, impiegato sei volte dall’inizio al Gaziantep, e sulla scommessa Jureskin, cinque apparizioni e tanta panchina a Pisa. Figuriamoci se adesso si dovesse andare a cercare la “toppa” tra gli svincolati…
Si dirà che il mercato di gennaio non è quello estivo, che di soldi ne sono girati pochi. Tutto vero, ma dalle parti di via Santa Colomba sono venute meno le idee, è mancata una programmazione. La prima operazione è stata ufficializzata soltanto il 24 gennaio, come se il girone di andata non avesse palesato evidenti limiti e problemi. All’apertura della sessione invernale, il Benevento si sarebbe dovuto presentare con intenzioni chiare, stringendo il cerchio nel minor tempo possibile per almeno un paio di pedine (terzino sinistro e trequartista). L’inspiegabile strategia dell’attesa ha portato a un vano inseguimento all’argentino Pozzo, al pressing sulla Spal per Tripaldelli e a fare la corte a Coda, scaricato e poi visto come l’uomo della provvidenza, nonostante la consapevolezza che un ritorno sarebbe stato un salasso economico.
L’immobilismo di oltre venti giorni e le scelte, pertanto, non hanno scusanti. Non si può giustificare il tutto con una posizione di classifica che spaventa, considerando che molte squadre invischiate nella lotta salvezza hanno portato a termine tanti affari, giusti o sbagliati lo dirà il tempo. Non si può certo far passare il messaggio che i calciatori hanno rifiutato Benevento per la contestazione post Genoa, dipinta incautamente come una guerra di frontiera. Non si possono, insomma, giustificare gli errori attribuendoli sempre ad altri fattori. La speranza è che il peso delle decisioni non gravi ulteriormente su una stagione iniziata male e proseguita peggio.