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La riscoperta di una vita diversa, fuori dal mondo del calcio. Un pallone che rotola suscita sempre emozioni, ma Ivan Rajcic si è dovuto reinventare dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. L’ex centrocampista è tornato nella sua Spalato e in Croazia ha intrapreso un nuovo percorso. “Adesso faccio tutto quello che non riuscivo a fare quando giocavo. Ho aperto due ristoranti e due negozi, frequento l’Italia spesso, anche se nel periodo estivo il lavoro aumenta“, racconta, “sono tornato a casa, ho fatto una scelta di vita insieme a mia moglie, abbiamo una bambina piccola. Per giocare a calcio sarei dovuto rimanere in Italia, qui in Croazia il livello è ancora amatoriale“.

Approdato nel Bel Paese nel 2000, Rajcic ha trascorso una vita con un pallone vicino ai piedi: “Il mondo del calcio continua ad attrarmi, mi dispiace non farne più parte ma continuo a seguire, a vedere le partite. Mi informo sempre su cosa hanno fatto le squadre in cui ho giocato. Prima avevo meno tempo, ora riesco a ritagliarmi lo spazio per svago e relax“.

Tra le maglie indossate anche quella del Frosinone. Una breve parentesi, arrivando in prestito dal Bari. “Sono stato sei mesi, venivo da un infortunio, una fastidiosa fascite plantare. A Frosinone c’era Braglia e mi diede un’opportunità, fu una buona esperienza in una realtà diversa. Riuscimmo salvarci, centrando l’obiettivo prefissato“.

Diverso, invece, il rapporto con Benevento. Due anni nel Sannio, cercando vanamente di raggiungere la promozione in serie B. “Il Benevento cercava da anni di tirarsi fuori dalla C, Vigorito investiva tantissimo e ci credeva, comprava giocatori e direttori sportivi“, ricorda Rajcic, “c’erano grandi pretese, giustificate dagli investimenti, ma mancava il risultato finale. Sono stati anni comunque bellissimi, mi sentivo protagonista, ero rispettato e voluto bene, ho cercato sempre di ripagare con impegno e volontà“.

Un rapporto ancora vivo, nonostante la lontananza. Dalla Croazia, il classe 1981 segue e si informa sulle sorti della Strega. “Ho conservato amicizie fuori dal calcio, una parte di me resta legata a Benevento. Sarei dovuto rimanere altri due anni, stavamo per rinnovare prima della squalifica (dovuta al calcioscommesse ndr). Rientrai con la Casertana e tornai al Vigorito da avversario, ma ogni tanto facevo un salto in città“, prosegue, “ho tanti bei ricordi, quando vivi una realtà è normale che ti interessi sapere come vanno le cose. È stata un’emozione veder compiere il salto dalla C alla B, poi la serie A ha dato la consapevolezza che il Benevento può stare in determinate categorie. Quando c’ero io la dimensione era diversa“.

Quest’anno ci sono un po’ di difficoltà, c’è stato il cambio di allenatore e mi aspettavo tanto da Cannavaro, dopo gli ottimi risultati ottenuti in Asia. Pensavo riuscisse a risollevare il Benevento, portandolo a lottare per la promozione. È la dimostrazione che nel calcio nulla è scontato“, è l’analisi della stagione giallorossa, “in questi momenti sono fondamentali personalità e testa, bisogna pensare a vincere qualsiasi cosa succeda. Davanti agli eventi negativi bisogna solo continuare a dare il massimo. La personalità dell’uomo deve venire prima del calciatore, quello fa la differenza“.

All’orizzonte c’è una sfida proibitiva sulla carta. Se il Benevento arranca, il Frosinone viaggia con il vento in poppa. “I risultati positivi aiutano a far girare le cose nel verso giusto, l’entusiasmo si accende in automatico e anche le cose sbagliate passano inosservate. In quei momenti ti riesce tutto“, conclude Rajcic, “nel calcio quando non puoi vincere, devi almeno non perdere. Ecco, per il Benevento sarà importante non perdere, cercare di non prendere gol. Le sorprese possono sempre accadere. Per chi farò il tifo? A Benevento ho trascorso più tempo, non posso immaginare nulla di negativo“.