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Napoli – Si sono concluse le indagini sul carabiniere che la notte tra il 29 febbraio e il primo marzo 2020, nel borgo Santa Lucia di Napoli, ha sparato – uccidendolo – al giovanissimo rapinatore 15enne Ugo Russo, morto sul colpo. Il militare dell’arma venne sorpreso da Ugo, che impugnava una pistola poi rivelatasi una replica di quelle vere, mentre era in auto con la fidanzata. Insieme con un complice aveva “puntato” l’orologio del miltiare che ha reagito sparando.

Secondo quanto emerso dalla perizia balistica il militare avrebbe esploso prima due colpi (uno dei quali ha raggiunto la vittima alla spalla) e, dopo una pausa, altri due, tra cui quello fatale al capo. Ugo rimase a terra, esanime mentre il complice riuscì a scappare. Il carabiniere, difeso dagli avvocati Enrico Capone e Mattia Floccher, in servizio in una località del Nord Italia, rischia ora un processo per omicidio volontario che si annuncia quasi esclusivamente tecnico. I legali del carabiniere, attraverso la perizia di due esperti che hanno passato al setaccio le risultanze della consulenza balistica, ritengono invece di essere giunti a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle formulate dagli inquirenti.

Nel corso di questi anni più volte i familiari di Ugo Russo hanno chiesto “verità e giustizia”, un’istanza avanzata anche da Zerocalcare. Nei Quartieri Spagnoli di Napoli (dove il 15enne viveva con la sua famiglia) venne anche realizzato un murales per ricordare Ugo, la cui rimozione è stata sospesa in attesa dell’esito di un procedimento giudiziario.