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Il Reddito di cittadinanza è dinanzi ad un bivio. Ci sono i soggetti effettivamente fragili non in condizione di lavorare, come pensionati in difficoltà, invalidi e genitori privi di reddito con figli minori. Per loro la misura resterà un doveroso sostegno economico dello Stato. “Ma per gli altri, per chi è in grado di lavorare, la soluzione non potrà essere il reddito di cittadinanza” ha già sottolineato la premier Meloni.

Il nuovo Governo punta a riesaminare la misura di contrasto alla povertà attiva da aprile 2019 che raggiunge 1,1 milione di famiglie e complessivamente 2,3 milioni di persone e che comporta una spese per lo Stato di otto miliardi all’anno.

Ci ha pensato l’Anpal (Agenzia nazionale delle politiche attive per il Lavoro) a chiarire quali percettori sono a rischio. 

Innanzitutto va evidenziato che meno di un quinto dei percettori del reddito di cittadinanza “occupabili” ha un posto di lavoro: il 18,8%. A sottoscrivere il patto per il lavoro presso il centro per l’impiego si sono presentati meno della metà (42,5%) di quanti erano tenuti a farlo.  E sono stati già individuati 920mila percettori considerati in grado di lavorare.

Tra questa vasta platea, in 660mila (71,8%) sono stati ritenuti “occupabili” e dunque soggetti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro. Infatti, una volta convocati nei centri per l’impiego, una quota di percettori del Rdc è stata esonerata dagli obblighi di condizionalità (7,3%), un’altra rinviata ai servizi sociali (2,1%).

Ma tra i 660mila quelli che hanno sottoscritto il Patto è pari a poco più di 280 mila (+42,5%), con un’incidenza minore nelle regioni meridionali. Vale a dire che in 380mila (57,5%) non si sono presentati all’appello nel centro per l’impiego per accettare almeno una di due offerte di lavoro congrue.
 
Ed è su questi percettori che a breve potrebbe abbattersi la scure del nuovo Governo.