Benevento – Domenica scorsa, mentre il Benevento si interrogava sulla disfatta di Como e preparava i bagagli per raggiungere il ritiro abruzzese, Gianni Simonelli spegneva 70 candeline. Una vita trascorsa nel calcio per il “professore“, sedendo anche sulle panchine di Benevento e Pisa, avversarie sabato al “Ciro Vigorito“.
Un’avventura a metà in Toscana, dove arriva in corsa nella stagione 2002/03 per sostituire Corrado Benedetti e, l’anno dopo, riceve il medesimo trattamento per fare posto ad Antonio Cabrini. Il primo matrimonio con la Strega, invece, si celebra nell’annata 2006/07, anche stavolta a stagione iniziata al posto di Danilo Pileggi. Il campionato successivo, però, è quello buono per festeggiare, con i giallorossi primi in C2 e promossi. Sull’onda di quel trionfo, la storia si ripete nel 2011/12 ma senza lieto fine, perché a terminare la stagione in panchina è Carmelo Imbriani.
Ricordi di un calcio vissuto tra la vecchia serie C e la nuova Lega Pro. Un mondo apparentemente lontano da quello attuale. “Il calcio è prettamente un fatto mentale“, sottolinea subito Simonelli, a dimostrazione di come passino gli anni ma il gioco resti sempre lo stesso.
“Non credo molto negli infortuni, tranne quando sono tantissimi e riguardano i calciatori più rappresentativi, come probabilmente è il caso del Benevento“, si immerge nel presente il tecnico originario di Saviano, “a volte le assenze si possono trasformare in un fattore emotivo per gli altri calciatori, per spingerli a dare qualcosa in più. Tante volte noi allenatori, me compreso, usiamo gli infortuni come alibi e questo la squadra lo recepisce, lo avverte. In maniera inconsapevole, gli stessi tecnici diventano poi poco credibili dal punto di vista emotivo“.
Una situazione di difficoltà che il Benevento conosce bene, tanto dall’aver spinto la società a ordinare il ritiro. “Tutto è un’arma a doppio taglio nel calcio, dipende dai momenti, dalle situazioni e dalle intenzioni“, prosegue Simonelli, “i ritiri punitivi dovrebbero essere evitati, a maggior ragione quando non viene chiarito esplicitamente il motivo del ritiro stesso. Se la comunicazione verbale non è autentica, a volte si creano confusione e insoddisfazione“.
Sentimento, quest’ultimo, che Fabio Cannavaro deve aver provato sulla propria pelle subito dopo il ko in riva al Lago, tanto da spingerlo a presentare le proprie dimissioni. Un atto respinto dalla società ma che ha fatto rumore e il cui eco continua ad essere avvertito. “Quando ci sono delle dimissioni, l’allenatore non si sente in grado di guidare un gruppo oppure pensa che la squadra non sia in grado di seguire le sue direttive“, spiega il “professore” dall’alto della sua esperienza in panchina, “non so cosa abbia spinto Cannavaro a presentarle, credo sia un ottimo tecnico che ha conseguito risultati importanti all’estero. Non so se sia veramente motivato o si sia pentito della decisione presa. Credo abbia chiarito la causa che lo ha spinto a tale gesto, l’importante è che sia stata detta la motivazione vera“.
Una chiacchierata viaggiando lungo i confini della prossima sfida di campionato che metterà Benevento e Pisa faccia a faccia e servita ad accendere l’interesse di chi ha dedicato al calcio gran parte della propria vita. “Credo che seguirò la partita sabato“, conclude Simonelli, perché il calcio in fondo regala sempre emozioni.
Simonelli a Cannavaro: “Ritiro arma a doppio taglio, evitare quelli punitivi”
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