“Hanno i salari più bassi in entrata, lavori precari e carriere precarie, vedranno difficilmente un’adeguata progressione salariale durante la loro vita lavorativa. Non sono tutelati collettivamente e spesso sono costretti a contrattare nella più totale solitudine le proprie condizioni lavorative. Non hanno la tutela dell’art. 18 perché gli è stata tolta. Gli si chiede di essere flessibili, disponibili a qualsiasi ora, ma con tutele sempre più basse”.
“Questo è quello che hanno davanti le giovani e i giovani nel nostro Paese. Ma c’è di peggio: i divari territoriali. Perché in un contesto già disastroso, nascere al Sud, nascere in un’area interna può ridurre di molto le opportunità di lavorare con dignità”, spiega Giacomo Barone, candidato alla Camera per il PCI.
“I giovani delle aree interne pagano un ritardo enorme lungo tutto il percorso di studi: meno tempo pieno, meno palestre, meno mense e questo con conseguenze enormi sull’acquisizione delle competenze necessaria per accedere a lavori più stabili. In provincia di Benevento solo il 44% dei diplomati si iscrive all’università, contro una media nazionale del 51,4%”.
“Due sono le sfide che abbiamo di fronte”, conclude Barone. “Da un lato, agire sul mondo del lavoro. E’ necessario stabilire il salario minimo a 10 euro netti l’ora, riscrivere il diritto del lavoro, ripristinare l’art. 18, abolire il Jobs Act, approvato dal Pd. Dall’altro occorre porre fine alle diseguaglianze territoriali e consentire un uguale accesso alla conoscenza a tutti, soprattutto attraverso una nuova spinta alla strategia delle Nazionale delle Aree Interne. Nella scuola bisogna rimettere al centro il sapere e la competenza rispetto al “praticantato” spicciolo ed insicuro dell’alternanza scuola-lavoro disegnata dall’allora governo Renzi, e che solo due giorni fa ha portato all’ennesima morte assurda di un diciottenne”.