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Benevento – Tutti abbiamo sognato di essere lui in quella magica estate 2006. Fabio Cannavaro che chiude gli spazi, che svetta su Podolski, che lancia il contropiede del 2-0 contro la Germania. Fabio Cannavaro che alza la coppa del Mondo nel cielo di Berlino dopo la finale con la Francia, spianandosi la strada verso l’altrettanto storico Pallone d’Oro dell’inverno successivo. Una leggenda del calcio italiano al comando della Strega, il secondo campione di quella meravigliosa avventura in terra tedesca nel giro di pochi anni anni. 

Ai limiti del possibile replicare l’exploit di Filippo Inzaghi, vista l’unicità di quell’annata dei record, ma Cannavaro è pronto a giocarsi le sue carte sul tavolo della prima esperienza su una panchina italiana. Ha allenato finora all’estero e mai in Europa, vincendo il campionato cinese con il Guangzhou nel 2019 attraverso un’idea di gioco che a questo punto potrebbe riproporre a Benevento. “Quando giocavo non avevo in mente di allenare, ma mi appuntavo comunque le cose migliori e peggiori di ciascun allenatore. In Cina abbiamo vinto il campionato grazie al modulo che Malesani utilizzava a Parma”, disse qualche mese fa in un’intervista rilasciata al quotidiano Fanpage. 

Un 3-4-2-1 che gli consentì di aumentare la qualità offensiva, il possesso palla e la supremazia territoriale proprio sulla scia di quel Parma, ultima squadra italiana a vincere l’ormai ex Coppa Uefa nel 1999: “Praticamente giocavamo tutti nella metà campo avversaria, anche con movimenti semplici. Credo molto nel possesso palla e nell’occupazione degli spazi. Lavoro molto sotto questo punto di vista”. 

Un Benevento che dovrà cambiare necessariamente atteggiamento, considerato che le ultime uscite – e non solo quelle – hanno evidenziato tutt’altro. Sarà una sorta di addio alla squadra guardinga e speculativa che ha entusiasmato poco negli ultimi mesi? L’ultima parola spetterà al campo, ma stando al suo credo, Cannavaro non rinuncerà all’idea di tenere in mano il gioco. “Con Malesani giocavo in una difesa a tre e riuscivo ad avanzare fino a centrocampo, lui ti allenava a fare un certo tipo di movimento dandoti delle garanzie grazie ai contemporanei movimenti dei centrocampisti. Se a un giocatore parli in questo modo non gli incuti timore, lo responsabilizzi ma lo fai sentire libero”. 

Da quanto racconta sembra uno che riesce ad assimilare molto, Cannavaro. Oltre Malesani cita Sacchi, Capello, Lippi, Zaccheroni ma anche la psicologia. “Posso stare 10 ore a parlare di tattica con i giocatori ma la cosa più importante è agire sulla loro testa. E’ da lì che parte tutto, è successo ai Mondiali così come agli Europei vinti dalla Nazionale di Mancini. Ed è così ovunque, nel calcio”. Ora che la panchina del Benevento è sua e che il Sannio è di nuovo centro del mondo (quotidiani nazionali ed esteri già scatenati), non resta che passare alla prova dei fatti. Primo appuntamento ufficiale il 2 ottobre al Ciro Vigorito contro l’Ascoli. Il debutto nella sua nuova casa.