Benevento – Avrebbe dovuto rappresentare un’occasione, un’opportunità, invece la prima sosta del campionato in casa Benevento si è trasformata nell’ennesimo calvario di una stagione nata sotto pessimi auspici. Almeno per Fabio Caserta saranno giorni caldi, nonostante l’approssimarsi dell’autunno. Le sere di fine estate saranno momenti di riflessione per Oreste Vigorito, ritrovatosi nuovamente a sfogliare la margherita per decidere o meno l’eventuale esonero del tecnico di Melito di Porto Salvo, diventato nell’arco del 2022 un “perenne precario della panchina“.
La decisione non tarderà ad arrivare, perché da martedì si tornerà in campo per mettere soprattutto benzina nelle gambe. Se con Caserta o meno spetterà al presidente dirlo, ma in ogni caso la condizione atletica di una Strega sgonfia sarà la prima cura da somministrare da chiunque siederà sulla panchina giallorossa. Il gap fisico con il quale i nuovi, ingaggiati in fretta e furia a fine mercato, si sono presentati era palese ed evidente. Nonostante i segnali ricevuti con il Cagliari (Schiattarella in debito di ossigeno dopo appena venti minuti), Caserta si è fatto convincere da quella vocina sussurrata all’orecchio che era arrivato il momento di gettarli nella mischia.
Sarebbe stato più saggio pazientare, affidandosi a calciatori in forma in attesa di trovare il bandolo della matassa chiamato “gioco“. Eppure la sosta bussava alla porta del Benevento e lasciava pensare che quindici giorni di lavoro, affrontati senza una sconfitta sul groppone, sarebbero stati un’occasione proficua per staff tecnico e calciatori: oleare i meccanismi di un 3-5-2 che inizia a mostrare difetti di fabbricazione da una parte e fare un check sul proprio stato fisico dall’altro.
Finiranno per essere sfruttate alla stessa maniera queste due settimane, ma con l’addosso il peso del terzo ko stagionale che ha di fatto riportato a galla vecchi dubbi e interrogativi, nascosti sapientemente sotto al tappetto. Ora che quel tappeto è stato sollevato e la polvere è tornata a invadere le stanze del club di via Santa Colomba, è tempo di primi bilanci e il piatto di Caserta appare vacante, di punti e di spunti.
Non è certo esente da colpe l’allenatore calabrese, inizialmente complice di un progetto giovani cancellato e rivisto in tutta fretta, tanto da costringere Foggia a fare i salti mortali negli ultimi giorni di un mercato estivo durato due mesi. Per tenersi stretto il Benevento ha cambiato il suo credo calcistico, riponendo in soffitta l’amato 4-3-3 per ripiegare sul 3-5-2. Modulo che non esalta le caratteristiche di Francesco Forte, trattenuto a furor di popolo dopo l’addio del Bambino delle Ande perché il Benevento non poteva permettersi di perdere anche lo Squalo. L’attaccante romano è finito insieme al tecnico sul banco degli imputati, uno che in soli sei mesi lo scorso anno era riuscito a realizzare sette reti in diciannove partite complessive giocando da terminale offensivo.
Non lo hanno aiutato le scelte discutibili dell’allenatore, non ultima quella di farlo giocare in coppia con Simy, altro volto nuovo arrivato in “riserva“. Le caratteristiche di entrambi lasciavano spazio a un sospetto confermato sul campo. Si sono pestati i piedi, hanno battuto le stesse zone sul prato del “Rigamonti“, hanno fatto gli stessi movimenti senza che almeno uno aggredisse la profondità. L’area bresciana è rimasta sguarnita e chiudere senza occasioni dei propri attaccanti è stato un delitto che Caserta, nel post partita, ha dichiarato di non aver commesso. Senza considerare una Strega costretta a muover l’assalto ai tre punti con il tandem leggero Ciano–La Gumina, cercando soluzioni alternative dopo il fallimento della strategia iniziale. Non tutti i problemi, di certo, sono imputabili all’attacco, quando è invece l’intera squadra (e non solo) ad aver smarrito la propria identità.